23 Aprile 2025
/ 22.04.2025

Biodiversità: pochi soldi agli animali “brutti”, ai vertebrati l’83% dei fondi

Gli animali simpatici vincono la gara dei fondi ma altre specie come anfibi, invertebrati, piante e funghi, fondamentali per il funzionamento degli ecosistemi, restano prive di risorse per la ricerca

Gli animali belli e a rischio di estinzione sono aiutati più degli animali “brutti”, pericolosi, e meno simpatici a noi umani. E in effetti, i fondi per la salvaguardia della biodiversità globale sono distribuiti in modo squilibrato, con una netta preferenza per le specie più “iconiche”, come gli elefanti o le tartarughe marine, e un’allarmante carenza di risorse per la stragrande maggioranza degli esseri viventi a rischio estinzione, specie però fondamentali per il funzionamento degli ecosistemi, come gli anfibi, gli invertebrati, le piante e i funghi. A rivelarlo è una ricerca innovativa condotta dalle Università di Firenze e di Hong Kong, sostenuta dal centro nazionale National Biodiversity Future Center, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca con fondi Pnrr, pubblicata sulla prestigiosa rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences). 

Lo studio, il primo nel suo genere per ampiezza e profondità, ha analizzato 14.566 progetti di conservazione (pubblici e privati) per la conservazione della biodiversità animale e vegetale a livello mondiale nel periodo 1992-2016. I ricercatori hanno confrontato l’ammontare dei finanziamenti destinati a ciascuna specie con il suo status di minaccia, basandosi sulla “lista rossa” dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), riferimento globale per la valutazione del rischio di estinzione. E i numeri parlano chiaro: su 1.963 miliardi di dollari destinati alla conservazione, ben l’82,9% è stato assegnato ai vertebrati. Piante e invertebrati hanno ricevuto solo il 6,6% ciascuno, mentre funghi e alghe sono stati quasi del tutto ignorati, con meno dello 0,2% delle risorse complessive. Insomma, i soldi arrivano solo a un piccolo numero di grandi specie, mentre quasi il 94% delle specie a diretto rischio di estinzione non ha ricevuto alcun sostegno.

Un fenomeno che nella letteratura scientifica ha un nome: “bias carismatico”, ovvero figli e figliastri. Anche all’interno di molti dei gruppi maggiormente finanziati esistono grosse disparità: lo studio dimostra che i mammiferi di grossa taglia, che rappresentano solo un terzo dei mammiferi minacciati secondo l’Iucn, hanno ricevuto l’86% dei finanziamenti. Anche mammiferi come roditori, pipistrelli, canguri e wallaby sono gravemente sottofinanziati. “I dati dicono che tra i vertebrati più a rischio di estinzione ci sono gli anfibi (salamandre e rane) – spiega Stefano Cannicci, docente di Zoologia dell’Università di Firenze – ma i fondi a loro dedicati sono meno del 2% del totale”. Nella lista dei “paria” ci sono anche pipistrelli, serpenti, lucertole, e moltissimi insetti. Le farfalle no, loro sono carine e a loro qualche soldo arriva.

Come spiega Benoit Guénard, autore principale dello studio all’Università di Hong Kong, anche tra i gruppi meno finanziati si notano ulteriori disparità. Nel caso dei rettili, ad esempio, mentre migliaia di specie di lucertole e serpenti sono minacciate, addirittura l’87% dei fondi destinati alla conservazione dei rettili è stato assorbito dalle sette specie di tartarughe marine. “La comunità deve essere sensibilizzata sul valore della biodiversità e sull’importanza di proteggere tutte le specie, non solo quelle che ci piacciono di più”, aggiunge Bayden Russell, un altro autore dello studio. 

I ricercatori chiedono un radicale cambio di approccio nella gestione dei finanziamenti per la conservazione: “I governi, principali finanziatori, devono adottare criteri scientifici più rigorosi nella distribuzione delle risorse”, esorta Guénard. Lo zoologo fiorentino Cannicci, afferma che “per affrontare in modo efficace la sfida della tutela della biodiversità serve non solo che siano destinate complessivamente più risorse alla conservazione, ma anche che le organizzazioni governative e non governative lavorino per riallineare, sulla base delle conoscenze scientifiche, le priorità di finanziamento verso le specie a reale rischio di estinzione e attualmente trascurate”.

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