No all’archiviazione dell’inchiesta sulla terribile frana che il 26 novembre 2022, a Casamicciola sull’isola d’Ischia, provocò 12 morti, tra i quali 4 bambini. Il gip di Napoli, Nicola Marrone, ha infatti respinto la proposta della Procura in quanto la frana è stata sicuramente innescata da piogge eccezionali ma meritano un approfondimento le possibili concause materiali e omissioni come scarsa manutenzione del territorio, urbanizzazione disordinata, alvei tombati, precedenti dissesti e studi tecnici che segnalavano un rischio elevato.
Il giudice ritiene soprattutto decisivo il tema dell’assenza del Piano di Protezione civile comunale: un obbligo di legge dal 2012 a cui il Comune di Casamicciola non aveva adempiuto, salvo un atto avviato dal commissario prefettizio in carica al momento della frana e pochi giorni prima del tragico evento. “Stante la doverosità della adozione di tale Piano”, scrive il Gip, “e la indiscussa attribuzione normativa di tale competenza al Sindaco del Comune di Casamicciola Terme, al quale pure erano stati forniti tutti gli strumenti anche economici per tale azione, si dovrà iscrivere nel registro delle notizie di reato il nominativo delle persone che si sono succedute in tale carica a decorrere dal 2012 e sino all’evento del 26.11.2022 ad eccezione del Commissario Prefettizio dott.ssa Calcaterra alla quale, in applicazione di un principio di concreta esigibilità della condotta, nulla si può imputare sotto tale profilo atteso che la stessa dopo qualche mese da suo insediamento aveva dato l’avvio alla procedura per l’adozione di tale Piano. In modo analogo andranno iscritti in tale registro i nominativi di coloro che in tale arco temporale hanno ricoperto posizioni apicali nel settore della protezione civile quali assessori al ramo ovvero dirigenti preposti al ramo”.
A tre anni dal nubifragio e dalla frana di Casamicciola Terme, sull'Isola d'Ischia, il pensiero del Corpo nazionale va alle 12 vittime di quei tragici eventi.
— Vigili del Fuoco (@vigilidelfuoco) November 26, 2025
I #vigilidelfuoco furono impegnati senza sosta nei soccorsi alla popolazione e nel ripristino delle aree colpite… pic.twitter.com/DoRGbg8RWQ
Gli effetti della mancanza del Piano di Protezione civile comunale
Per il giudice Marrone infatti un piano emergenziale aggiornato avrebbe potuto consentire previsioni più accurate, informazioni tempestive ai cittadini, monitoraggio in tempo reale degli eventi meteo e forme di allertamento che avrebbero anche potuto salvare vite umane. Il piano avrebbe dovuto prevedere protocolli di evacuazione preventiva per le aree ad alto rischio, identificare i percorsi di fuga, informare i residenti, predisporre sistemi di allerta locali e operatori sul campo durante le fasi più critiche delle intense precipitazioni. Invece, come ricorda l’ordinanza, quella notte gli unici avvisi di ciò che stava accadendo arrivarono alle centrali operative delle forze dell’ordine tramite le telefonate disperate dei cittadini. Nessun operatore era sul territorio, nessun monitoraggio locale era attivo, nessun “allerta” era stato diffuso alla popolazione dopo il superamento delle soglie pluviometriche.
Così il giudice stabilisce che gli atti dell’inchiesta vengano restituiti al pubblico ministero per identificare entro trenta giorni i soggetti che avrebbero ricoperto incarichi o funzioni rilevanti nella catena delle responsabilità da verificare. Al termine dell’attività integrativa, i nominativi dovranno essere iscritti nel registro degli indagati. Il giudice ritiene inoltre necessario approfondire il legame tra la mancata attivazione delle misure previste dalle norme sul rischio idrogeologico e la presenza di fabbricati non legittimi dal punto di vista edilizio. Ricostruisce la morfologia del versante e la vulnerabilità del vallone Celario, con case costruite in aree classificate come R3 e R4 nei piani straordinari dell’Autorità di Bacino, zone in cui il rischio è definito “elevato” o “molto elevato”, e nelle quali la normativa vieta ampliamenti, nuove edificazioni e, in taluni casi, anche il rilascio di sanatorie edilizie.
Le pratiche di condono aperte
Quattro delle cinque abitazioni travolte avevano invece pratiche di condono aperte da decenni. Una, invece, era stata giudicata “procedibile” nel giugno 2022, con pareri rilasciati senza che fosse stata coinvolta l’Autorità di Bacino e senza valutazioni aggiornate sul rischio frana, malgrado fosse stata realizzata senza fondazioni idonee. Una situazione che, secondo il Gip, avrebbe dovuto attivare una serie di azioni: rigetto delle istanze, provvedimenti di diniego, eventuali demolizioni. Nulla di tutto questo è avvenuto, osserva il giudice. Le domande sono rimaste sospese per decenni. Anche questo, per il Gip, non può essere derubricato a mero ritardo burocratico.
Il 26 novembre 2022 una frana colpì Casamicciola Terme a Ischia dopo ore di piogge. Immediata la mobilitazione di soccorritori, volontari e tecnici per cercare i dispersi, riaprire strade, raggiungere le zone isolate e dare assistenza. Drammatico il bilancio finale di 12 vittime. pic.twitter.com/OFccJ9qxS0
— Dipartimento Protezione Civile (@DPCgov) November 26, 2025
“L’archiviazione sarebbe stata una sconfitta per tutti“
L’ordinanza, infine, richiama un principio: la giustizia non può fermarsi davanti alla complessità. Quella terribile frana non fu solo un evento naturale, ma la somma di vulnerabilità, omissioni, ritardi, scelte mancate. Ricostruire le responsabilità non restituirà le vite perdute, ma potrà impedire che una tragedia simile si ripeta. “Siamo ampiamente soddisfatti e siamo dinanzi ad una svolta attesa non solo per Ischia ma per l’Italia, l’accoglimento dell’archiviazione avanzata dal pm sarebbe stato un precedente negativo per il Paese”, commenta Antonello Fiore, presidente nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale. “È dunque passata la nostra opposizione all’archiviazione, oltre a quelle delle famiglie delle vittime. L’archiviazione sarebbe stata una sconfitta per tutti e avrebbe rappresentato un messaggio pericoloso: tutto è nelle mani del destino, ignorando le evidenti responsabilità di una pianificazione inadeguata alle forme del territorio, alla naturale evoluzione del territorio e di una gestione dello stesso poco attenta”.
E Ischia ne è uno degli esempi più chiari. Rischio vulcanico, rischio sismico, rischio idrogeologico. E un territorio devastato dall’abusivismo edilizio. Una devastazione aggravata dal disboscamento e dagli incendi ricorrenti. Questa è l’isola e in particolare Casamicciola. Al punto da essere diventata un esempio di disordine. “E che è? Pare Casamicciola!” erano solite dire le mamme campane guardando il disordine lasciato dai figli. E “Ccà pare Casamicciola!” sono le parole del protagonista di “Natale in casa Cupiello, la celebre commedia di Eduardo De Filippo”, per descrivere il caos cui si trova davanti entrando nella stanza dove poco prima, durante una furiosa lite tra la moglie e la figlia, sono finiti in pezzi stoviglie e soprammobili e “scassato” perfino il famoso presepe. Detti che nascono dal devastante terremoto che colpì Ischia, proprio a Casamicciola, nell’estate del 1883, provocando oltre duemila morti.
I disastri si ripetono
Ma la memoria affievolisce e i disastri si ripetono, anche negli ultimi anni. Sei morti in tre disastrose frane, una proprio a Casamicciola nel 2006, nel 2009 e nel 2015, e due nel terremoto del 2017. Ogni volta appare il quadro di un territorio che non riesce a prevedere e mitigare i rischi. Anzi l’esatto contrario. Come ha denunciato Legambiente in occasione della frana del 2022, sono circa 600 le case abusive colpite da ordine definitivo di abbattimento sull’isola. E arrivano a 27 mila le pratiche di condono presentate dagli abitanti in occasione delle tre leggi nazionali di sanatoria: 8.530 istanze a Forio, 3.506 a Casamicciola e 1.910 a Lacco Ameno.
L’ultimo condono, il quarto, incredibilmente, venne approvato dal governo “giallo-verde” nel 2018 proprio dopo il sisma di Casamicciola. Si disse per favorire la ricostruzione, in realtà ha sanato case abusive che, oltretutto, saranno ricostruite a spese dello Stato. Quante? Più di mille le nuove istanze presentate. Cemento che rimane a sfregiare quella definita “l’isola verde”, sicuramente sempre meno verde e sempre più a rischio.
Cosa dicono le cartografie
Lo confermano le cartografie dei Piani di Assetto Idrogeologico che riportano valori di pericolosità da frana molto elevati per queste aree dell’isola. I dati del catalogo gestito da Cnr Irpi evidenziano come “nella zona di Casamicciola Terme si siano già verificate frane che hanno causato perdita di vite umane, tra cui nel 1910, durante un evento molto intenso, alluvioni con elevato trasposto solido, crolli e numerosi dissesti diffusi causarono 11 morti. In anni più recenti una vittima si è registrata nel 1987, quando un crollo di roccia distrusse un ristorante, e infine nel 2009, sempre nel mese di novembre, una colata di fango e detriti ha travolto e ucciso una ragazza quattordicenne”.
Ma anche altre zone di Ischia hanno subito disastri e lutti. La notte del 30 aprile del 2006 il fango e i detriti scesi dal monte Vezzi si abbatterono sulla frazione Pilastri. Morirono un padre e le sue tre giovani figlie di 12, 16 e 18 anni. Il 15 febbraio 2015 una frana in località Olmitello-Maronti nel comune di Barano provoca la morte di una persona. Frane e terremoti, strettamente collegati. La sera del 21 agosto 2017 Casamicciola e Lacco Ameno vennero scosse da un terremoto che causò la morte di due persone, 42 feriti e il crollo di molte abitazioni. Non l’unico sisma. Dall’analisi storica messa a punto dall’Ingv sono stati 15 i terremoti tra il 1228 al 1883. Di questi ben 12 proprio Casamicciola, costruita su un terreno franoso, capace di amplificare terremoti di intensità modesta.
Il terremoto del 1883
Così il devastante sisma del 1883 con una magnitudo stimata in 4,3, 2.313 morti. Anche quello del 2017 arrivava appena a 4. Terremoti che altrove, dove si è costruito secondo le regole, non provocano alcun danno. Altro che eventi eccezionali! Ma gli abusi e le violenze al territorio ischitano non finiscono. Così giovedì scorso sono stati posti i sigilli a un resort di lusso.
Dopo un’indagine coordinata dalla Sezione Edilizia e Ambiente della procura di Napoli, il Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza partenopea ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo per una esclusiva struttura turistico-ricettiva, che si estende su 27 mila metri quadri, situata in località Succhivo del Comune di Serrara Fontana. L’inchiesta è nata grazie ai rilievi effettuati durante periodiche missioni di controllo con l’ausilio della sensoristica di bordo degli elicotteri AW139 in dotazione al Reparto di volo napoletano. Il provvedimento emesso dal gip riguarda 8 indagati per lottizzazione abusiva di manufatti realizzati sul demanio marittimo in area sottoposta a stringenti vincoli paesaggistici e idrogeologici, realizzazione di discarica abusiva in zona di protezione integrale nonché i delitti di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici.
Le indagini hanno accertato interventi edili abusivi a partire dal 1958 che hanno comportato “l’illecita e irreversibile trasformazione dell’intero costone tufaceo, accelerando i processi di distacco e di crollo delle rocce in un contesto naturale già caratterizzato da fragilità”. Una complessa analisi aerofotogrammetrica ha permesso di individuare gli abusi, alcuni ancora in corso di realizzazione, che hanno inciso in modo irreversibile su complessi rocciosi che si sono formati nel corso dei millenni. Approfondimenti tecnici affidati a un esperto in urbanistica e a una docente di geologia ambientale dell’università di Napoli Federico II hanno confermato larealizzazione di volumetrie artificiali, cunicoli, terrazzamenti e cavità scavate nella roccia viva senza alcunacertificazione o autorizzazione, alterando irreversibilmente l’orografia naturale e il delicato equilibrio geologicodel costone. I materiali di risulta dei lavori di costruzione e di scavo venivano inoltre depositati lungo la falesia, dove è stata scoperta una discarica abusiva di circa 200 metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi, utilizzati poi per la realizzazione di terrazzamenti e scarpate.
