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Società

Boomers contro Millennials, il dilemma del declino

18.02.2024

I primi, convinti che essere ai vertici di industrie e istituzioni sia solo una questione di merito e impegno, i secondi ritenuti degli eterni Peter Pan, irrisolti, fagocitati dalla tecnologia e intenti a trastullarsi con polemiche su clima e diritti. La crisi dei valori è davvero assoluta?

Legata al ciclo vitale dell’organismo, nel percorso nascita-morte, la nozione di decadenza rimane una delle metafore più ricorrenti nella storia del pensiero umano. Con annessa la differenza tra un prima e un dopo, passata attraverso il filtro di un mutamento graduale, dentro l’involucro permeabile del tempo, della storia e del contesto. Rifuggendo da ogni riferimento di ordine filosofico-scientifico e dalla trasformazione di un ordinamento politico in cui sopravvengano instabilità, disordine, incoerenza, balza evidente il dato che in ogni epoca si tenda a giudicare negativamente il presente rimpiangendo il passato (Laudatores temporis acti), soprattutto per quanto riguarda gli aspetti etici.

La percezione sottile che le persone che ci circondano, dall’ambito amicale a quello lavorativo, siano o meno sincere, leali, altruiste, e abbiano derogato al trittico gentilezza-correttezza-responsabilità, impantanandosi nella pozzanghera vischiosa della crisi dei valori, lascia spazio al convincimento che sia una specificità dell’uomo nell’era tecnologica. Il degrado morale, di solito precede o è concomitante a un decadimento culturale e sociale, assumendo le caratteristiche proprie di un’epidemia che intacca il tessuto della comunità, nel colpire il singolo individuo, la famiglia, i governi, le nazioni. Glissando ogni intento moraleggiante, ma attenendosi alla quotidianità che diventa cronaca, ci si accorge che la società è intrappolata nella gabbia di aggressività, volgarità, corruzione finanziaria e politica, rapporti interpersonali tossici e abbandono del bene comune.
Così che Boomers contro Millennials, hanno trovato terreno fertile per uno scontro generazionale: i primi, convinti che essere ai vertici di industrie e istituzioni sia solo una questione di merito ed impegno, a differenza dei secondi ritenuti degli eterni Peter Pan, irrisolti, fagocitati dalla tecnologia, ed intenti a trastullarsi con polemiche sul clima e i diritti, proprio mentre quest’ultimi rinfacciano a chi li ha preceduti di non mollare il “posto” dopo aver goduto di ogni tipo di agevolazione. In un groviglio di una moralità distorta rispetto alla propria, e di una percezione diversa di quali siano le urgenze sociali. Con il declino morale a far da sfondo.

Ma la crisi dei valori è davvero una verità indiscutibile? Gli psicologi Adam Mastroianni della Columbia University (New York) e Daniel Gilbert della Harvard University (Cambridge), attraverso una dettagliata ricerca su sondaggi effettuati dal 1949 al 2020, integrata da altre ricerche in 59 Paesi, hanno appurato che la maggioranza delle persone intervistate (84%) nei decenni riteneva che la società fosse peggiorata rispetto al passato. Con, in più, la tendenza delle stesse a cercare informazioni negative sugli altri (esposizione distorta, assecondata dai mass media) concentrandosi sui pericoli che da essi possono provenire. Risultato finale: l’idea d’una diffusa crisi dei valori deriva da una percezione illusoria dei fatti. A favorirla concorre anche il “principio di Pollyanna” (un pattern mentale, dal tenero ottimismo del romanzo di Eleanor H. Porter), per il quale si è portati a rimuovere dal ricordo gli eventi negativi in favore di quelli positivi. Nell’epoca dei social e del doomscrolling, la necessità di un’informazione costruttiva che non alimenti un’ansia generalizzata, si fa preminente. Per sviare l’attenzione della gente da problemi più concreti, può essere manipolatorio (vedasi, cattiva politica) presentare una crisi che non c’è.

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