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Brindisi NATO, la sfida di riesistere

10.07.2024

La NATO festeggia i suoi 75 anni a Washington, ricapitolando una storia che si ripete. Paradossalmente, a restituirle centralità e forza, oggi, sono gli stessi nemici storici. Le sue vere sfide si presentano nello scetticismo americano sull’idea di spendersi per un’Europa contemporanea, sempre più premurosa a scardinare l’ingerenza oltre-oceanica.

Il vertice in corso a Washington festeggia la NATO, l’alleanza politico-militare più longeva della storia, ma è anche l’occasione per una verifica del suo stato di salute in mezzo alle sfide che potrebbero rovinare la festa, dai rapporti con l’Unione Europea alle conseguenze dell’eventuale ritorno di Donald Trump alla presidenza USA nel 2025.

Dal 1949, quando fu costituita per fronteggiare l’espansione in Europa dell’allora URSS, alla festa per i 75 anni, l’alleanza politica è passata da 12 a 32 membri ed ha sviluppato un’organizzazione militare inizialmente assente. Dopo aver sconfitto – senza sparare un colpo, grazie alla caduta del Muro e all’implosione dell’URSS – il patto di Varsavia creato dai sovietici nel 1955, per un quarto di secolo la NATO era parsa a molti priva di ragion d’essere. A restituirle centralità e forza d’attrazione è stato paradossalmente Putin, la cui ritrovata aggressività ha non solo spinto all’adesione persino le tradizionalmente neutrali Svezia e Finlandia, ma anche confermato le ragioni difensive dell’alleanza in un mondo per molti aspetti diverso. Ciascuno dei 32 membri porta con sé storie e sensibilità diverse, che rendono più difficile raggiungere decisioni all’insegna dell’unanimità. Così alla Polonia ferocemente antirussa corrisponde un’Ungheria scopertamente putiniana, e alla determinazione finlandese si contrappone la freddezza di un’Italia che vede il pericolo provenire da un’Africa largamente dominata dalla Russia.

Un altro tema aperto dall’invasione russa è il rapporto tra la NATO e la difesa europea. Il problema non sta nelle scelte di armamento o dottrinarie, quanto nell’organizzazione politica a monte. Per alcuni europei, la difesa comune servirebbe soprattutto a scardinare l’ingerenza statunitense (e oggi britannica) negli affari del continente attraverso il meccanismo dell’unanimità. In questo contesto, la scelta del primo ministro estone Kaja Kallas come “ministro degli Esteri” dell’UE dovrebbe allineare le priorità delle due organizzazioni e renderne più facile la collaborazione. D’altro canto, proprio questo potrebbe rafforzare il dissenso di quanti – in primis l’Italia – vorrebbero spostare il baricentro della NATO verso sud, sostenendo che la vera sfida venga dall’espansione russa in Africa e della collegata possibilità di lanciare contro l’Europa l’arma demografico-minatoria. Gli Stati Uniti, dal proprio canto, insisteranno sul fatto che le tante sfide in atto rendono più che mai importante portare gli stanziamenti per la difesa almeno al 2% del PIL, riducendo gli oneri per la diesa europea oggi a carico dei contribuenti americani. Tra i più riottosi ad aumentare le spese vi è proprio l’Italia.

Dietro lo sfarzo e gli abbracci di rito, il 75° compleanno della NATO mostra anche le rughe e difficoltà inevitabili in un sodalizio lungo quanto una vita umana. A gestirle sarà presto chiamato Mark Rutte, l’ex primo ministro olandese che il prossimo 1° ottobre diventerà segretario generale al posto del norvegese Jens Stoltenberg. Accanto a lui ci sarà l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, chiamato a sostituire l’olandese Bauer alla presidenza del Comitato Militare. Per entrambi, il lavoro andrà ben oltre le feste di questi giorni.

Credito Fotografico: NATO, 2024 NATO Summit in Washington.

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