I prezzi del caffè stanno schizzando alle stelle, spinti non solo dai timori per i raccolti in Brasile e Vietnam, ma anche da un’accesa controversia commerciale che chiama in causa temi ambientali. L’amministrazione Trump ha imposto un dazio del 50% sulle importazioni di caffè brasiliano, giustificando la mossa con la necessità di contrastare la deforestazione illegale.
Una motivazione che il settore produttivo brasiliano respinge con forza, definendola un “pretesto” e fornendo dati scientifici che ribaltano la narrazione. L’associazione degli esportatori di caffè, Cecafé, ha infatti comunicato al Rappresentante commerciale degli Stati Uniti (Usr) che la produzione brasiliana non solo è più efficiente, ma è anche alleata dell’ambiente.
Un’agricoltura che conserva le foreste
Secondo i dati di Cecafé, dagli anni Ottanta a oggi la coltivazione del caffè in Brasile ha ridotto del 40% la superficie coltivata, pur aumentando la produzione dell’87%. Questo straordinario incremento dell’efficienza (+130% la produttività) ha permesso di conservare ben 43,9 milioni di ettari di vegetazione autoctona all’interno delle proprietà rurali. Uno studio dell’Università Federale del Minas Gerais conferma che il 99% delle aziende agricole di caffè registrate nello Stato non ha subito una deforestazione significativa dopo il 2008, qualificando la filiera come “a deforestazione zero”.
Il caffè come alleato del clima
Gli esportatori brasiliani hanno anche voluto mettere in luce i benefici climatici delle loro pratiche agricole. L’adozione di tecniche come l’uso di fertilizzanti organici e il mantenimento della copertura vegetale del suolo permette alla coltivazione dell’Arabica di assorbire circa 10,5 tonnellate di anidride carbonica equivalente per ettaro all’anno. Un dato che, secondo l’associazione, dimostra come la produzione di caffè possa non solo coesistere con la tutela dell’ambiente, ma contribuire attivamente alla lotta contro il cambiamento climatico.
Un’impennata di prezzi per il consumatore
Intanto, i dazi hanno avuto un effetto immediato e palpabile sul mercato. Le esportazioni brasiliane verso gli Stati Uniti sono crollate del 46% ad agosto. Di conseguenza, il prezzo del caffè al dettaglio negli USA è salito di quasi il 21% su base annua, il balzo più grande dal 1997. Economisti come Diane Swonk di KPMG prevedono che i prezzi supereranno i record man mano che l’impatto completo delle nuove tariffe si farà sentire sugli scaffali dei negozi.
In questo scenario, la politica commerciale si scontra con la scienza ambientale, lasciando il consumatore finale a pagare il prezzo di una guerra di dazi che, a detta dei produttori, si basa su un’accusa priva di fondamento.