Il carbone resta aggrappato al suo primato. Secondo l’ultimo Coal Market Update pubblicato dalla IEA (International Energy Agency), la domanda globale di carbone nel 2025 e nel 2026 rimarrà pressoché invariata rispetto al record raggiunto nel 2024: circa 8,8 miliardi di tonnellate, un massimo storico che rappresenta una sfida per gli impegni climatici internazionali. Ma dietro l’apparente stabilità globale si nasconde un gioco di spinte contrapposte, con l’Asia che rallenta e l’America che accelera.
“Abbiamo osservato tendenze contrastanti in diverse regioni nella prima metà del 2025”, ha dichiarato Keisuke Sadamori, direttore Mercati energetici e Sicurezza della IEA. “Queste variazioni non modificano tuttavia il trend strutturale: la domanda globale di carbone resterà sostanzialmente stabile quest’anno e il prossimo”.
Stati Uniti, il ritorno del carbone
A fare notizia è soprattutto la crescita della domanda di carbone negli Stati Uniti, che nella prima metà del 2025 è aumentata di circa il 10%. Una dinamica sorprendente se si considera il progressivo disimpegno delle economie avanzate dal carbone negli ultimi anni.
La spinta statunitense è dovuta a una combinazione di fattori congiunturali: da un lato, l’aumento della domanda elettrica; dall’altro, un’impennata dei prezzi del gas naturale, che ha reso nuovamente competitivo l’uso del carbone nella generazione elettrica. Per l’intero 2025, la IEA prevede una crescita complessiva del 7% della domanda di carbone negli USA.
Un’inversione di rotta netta rispetto all’Europa, dove invece la domanda di carbone è stimata in calo del 2% su base annua, grazie al minor consumo dell’industria che compensa il lieve aumento nel settore elettrico. Si tratta di un segnale di differenziazione strategica sempre più marcata tra le due sponde dell’Atlantico.
Cina e India rallentano, spinte dalle rinnovabili
Se gli Stati Uniti sembrano guardare al passato, la Cina inizia timidamente a voltare pagina. Nella prima metà del 2025, Pechino ha visto una riduzione della domanda di carbone, legata a un rallentamento della crescita della domanda elettrica e, soprattutto, a un forte incremento della produzione da fonti rinnovabili.
Per l’intero anno, la IEA prevede una flessione inferiore all’1% nella domanda cinese. Non è un crollo, ma rappresenta comunque una discontinuità rilevante: la Cina, che da sola consuma circa il 30% in più di carbone rispetto al resto del mondo messo insieme, inizia a mostrare i primi effetti della sua poderosa transizione energetica interna. Le rinnovabili — in particolare fotovoltaico ed eolico — stanno crescendo con ritmi impressionanti e cominciano a rosicchiare quote al carbone nel mix elettrico nazionale.
Simile il discorso per l’India, dove anche qui la prima metà del 2025 ha visto una frenata nella domanda di carbone, grazie all’espansione delle rinnovabili. Ma la dipendenza dal carbone resta ancora forte, soprattutto per la sicurezza energetica e per l’industria pesante.
Una transizione ancora incerta
A dispetto di questi segnali, la IEA avverte che i driver strutturali del mercato globale del carbone restano invariati. In altre parole: il mondo è ancora troppo legato al carbone per aspettarsi un calo netto della domanda nel breve termine. Anche per questo motivo, la produzione globale è destinata a raggiungere un nuovo record nel 2025, sospinta da Cina e India.
Il quadro cambia leggermente nel 2026, quando si prevede un calo della produzione globale. Complici le scorte elevate, il calo dei prezzi e una contrazione del commercio internazionale di carbone: secondo la IEA, il 2025 sarà il primo anno, dalla pandemia, in cui i volumi globali di carbone scambiati a livello internazionale diminuiranno.
La pressione è forte anche sui produttori: i prezzi del carbone sono tornati ai livelli del 2021, mettendo in difficoltà i Paesi esportatori. In particolare, la IEA evidenzia un forte calo atteso per l’Indonesia (in termini di volumi assoluti) e gravi problemi economici per la Russia, che paga lo scotto delle mutate condizioni geopolitiche e di mercato.
Il carbone è stabile, ma la spinta verde avanza
Il messaggio del report è chiaro: la transizione è iniziata, ma il carbone non è ancora al tappeto. Se nel breve periodo la domanda globale resta alta, si stanno consolidando segnali che potrebbero preludere a un cambiamento più strutturale nel medio termine.
Le fonti rinnovabili crescono ovunque — e quando riescono a incidere anche nei giganti asiatici, gli effetti si fanno sentire su scala globale. Cina e India rallentano, l’Europa arretra, ma gli Stati Uniti sorprendono con una rincorsa carbonifera che suona stonata nel contesto della crisi climatica.
Il mondo è su un plateau energetico pericoloso, dove il carbone resta stabile perché non si riesce ancora a fare a meno del suo contributo — soprattutto nei momenti di tensione economica o di volatilità del gas. Ma la pressione delle rinnovabili è crescente e, se supportata da politiche coerenti, potrebbe spingere l’ago della bilancia in modo più deciso nei prossimi anni.