10 Settembre 2025
/ 10.09.2025

C’è un colpevole per i morti per le ondate di calore

Uno studio pubblicato su Nature mette in relazione diretta 213 episodi estremi registrati tra il 2000 e il 2023 con le emissioni di 180 grandi aziende produttrici di combustibili fossili e cemento

Un nuovo studio, in uscita su Nature, porta la cosiddetta “scienza dell’attribuzione” su un terreno inedito. Non si limita a dimostrare che il cambiamento climatico rende più probabili e più intense le ondate di calore, ma mette in relazione diretta 213 episodi estremi registrati tra il 2000 e il 2023 con le emissioni di 180 grandi aziende produttrici di combustibili fossili e cemento. È la prima volta che la catena causale viene tracciata fino a questo livello di dettaglio: dagli eventi meteorologici estremi al riscaldamento globale, e dal riscaldamento alle responsabilità dei singoli emettitori.

Il lavoro parte dall’archivio internazionale EM-DAT, che raccoglie gli eventi con forti impatti sociali ed economici, e utilizza i protocolli sviluppati dalla comunità scientifica internazionale per valutare quanto l’aumento delle temperature globali abbia inciso su ciascun episodio. Con l’aiuto del modello OSCAR, i ricercatori hanno scomposto il contributo al riscaldamento dovuto alle emissioni di ciascuna delle 180 aziende, calcolando quanto abbiano aumentato la probabilità e l’intensità delle singole ondate di calore.

I dati mostrano un salto netto: nel primo decennio del secolo le ondate di calore sono diventate circa venti volte più probabili rispetto al periodo preindustriale; nel decennio successivo la probabilità è salita di duecento volte.

Chi pesa di più

Nel 2023 la temperatura media globale era circa 1,3 gradi sopra i livelli preindustriali. Di questo aumento, poco meno di 0,7 gradi derivavano dalle emissioni complessive delle carbon majors. Quasi la metà di tale contributo è concentrata in una manciata di grandi produttori di petrolio, gas e carbone, responsabili di una quota equivalente al resto delle aziende messe insieme. Alcuni casi sono particolarmente emblematici: le emissioni di un singolo produttore di carbone russo, ad esempio, risultano sufficienti a rendere possibili sedici delle ondate di calore studiate, mentre l’ex Unione Sovietica come blocco produttivo è collegata a più di cinquanta eventi che altrimenti sarebbero stati estremamente improbabili.

La rilevanza di questo lavoro va oltre il piano scientifico. Fornisce per la prima volta una base quantitativa che collega eventi estremi con impatti sociali documentati alle emissioni di specifiche aziende. Questo passaggio è cruciale in un momento in cui la responsabilità legale e politica del cambiamento climatico è sempre più al centro del dibattito internazionale. Lo scorso luglio, la Corte internazionale di giustizia ha dichiarato che gli Stati hanno obblighi legali internazionali di contrastare il cambiamento climatico, e che il mancato adempimento può configurare una violazione del diritto internazionale. Di conseguenza, gli Stati – e indirettamente le imprese che alimentano la crisi – possono essere chiamati a rispondere degli impatti e a garantire riparazioni alle comunità colpite.

L’impatto sulla salute

Gli effetti non si misurano solo in termini statistici. Tra il 2000 e il 2019, secondo studi epidemiologici, il caldo estremo ha causato in media circa 489 mila morti ogni anno nel mondo, e una parte rilevante di queste vittime può essere attribuita direttamente al riscaldamento di origine antropica. È un numero che rende concreta la connessione tra emissioni, eventi estremi e vite umane perdute.

Gli autori sottolineano che la stima potrebbe persino essere conservativa, dato che alcune regioni del mondo sono sottorappresentate negli archivi internazionali e che non tutti i fattori climatici sono stati presi in considerazione con la stessa precisione. Il metodo sviluppato, tuttavia, è già applicabile ad altri tipi di eventi estremi, dalle alluvioni agli incendi. Con il rafforzarsi delle basi scientifiche e giuridiche, il ruolo delle grandi aziende fossili come imputate nelle cause legali appare destinato a crescere.

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