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Centrali nucleari e transizione ecologica, si contraddicono o sono complementari?

07.12.2023

Intervenendo al vertice mondiale sull’azione per il clima della COP28, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha definito la protezione del clima “la più grande prova di leadership a livello mondiale”, esortando i leader a fare di questa COP la nuova speranza per il futuro dell’umanità. “Abbiamo le tecnologie per evitare il peggio del caos climatico – se agiamo ora”.

Cop 28: «Senza i combustibili fossili si torna alle caverne», così la vogliono pensare gli arabi del petrolio, ma i leader di (quasi) tutto il mondo, diversamente, iniziano a vedere green nel nucleare, giudicandolo l’energia più qualificata a salvaguardare l’ambiente.

Alzando il dito, come solo uno sceicco sa fare, il presidente di turno della Cop28 Sultan al-Jaber, al vertice sul clima delle Nazioni Unite ha ammonito il mondo: «Senza i combustibili fossili si torna alle caverne». Naturalmente il discorso, visto con gli occhi degli Emirati, non fa una piega (economica). Ma il mondo però va da un’altra parte, e – clamorosamente, almeno per noi – va dalla parte del nucleare. Giudicata dai leader di (quasi) tutto il mondo l’energia green di cui abbiamo bisogno per salvare il pianeta. Tanto che la Cop 28 si è posta l’obbiettivo di triplicarne la portata entro il 2050.

Insomma: dopo anni in cui solo le energie rinnovabili erano entrate nel discorso ecologico, ecco che la fonte più potente di tutte diventa la ciambella di salvataggio. Stiamo parlando ovviamente della fissione, perché per quanto riguarda la fusione, quella che risolverebbe tutti i nostri problemi energetici ed ecologici – se ne riparlerà dopo la metà del secolo. Non si tratta però, come qualcuno potrebbe pensare leggendo di fretta la notizia, di accantonare solare, fotovoltaico, eolico e quant’altro riguardi qualsiasi tecnologia che aiuti a combattere la produzione di Co2. Ma di rendere il nucleare un fonte complementare, in modo da colmare la produzione che, con gli altri impianti sostenibili, non è possibile da ottenere.

Dunque, un bel dietrofront, almeno per noi, che con il referendum del 1987 abbiamo messo un bel “no nuke” sul nostro Paese, dimenticandoci però che intorno a noi le centrali prosperano e che dunque, in ogni caso, non saremmo al sicuro da incidenti. Ma quanto davvero le centrali nucleari sono pericolose?

Ecco, questo è il punto: Chernobyl (26 aprile 1986) è lontana, e anche l’incidente di Fukushima avvenuto nel 2011, non per un malfunzionamento, ma per un maremoto, «con una centrale di nuova generazione non sarebbe avvenuto». Lo dice Marco Ricotti, docente di impiantistica nucleare al Politecnico di Milano.
Il Prof. Ricotti è stato recentemente protagonista di un incontro tenutosi a margine dell’assemblea annuale dell’Unione Giornalisti Italiani Scientifici, ribattendo con una serie di dati puntuali tutti i «sì, ma…» che puntualmente gli vengono opposti. In sintesi la realtà è che il nucleare è la fonte meno inquinante di tutte (produce 12 grammi di Co2 equivalenti per KWh, contro i 490 del gas, i 48 del solare messo sui tetti ed è alla pari dell’eolico), è un fattore economico (in Europa ha creato 1 milione di posti di lavoro e ha un impatto positivo sui conti di 100 miliardi l’anno, a cui si aggiungono i 451 della catena di supporto) ed è meno pericoloso di altri nella media tra incidenti e perdite di vita: persino le biomasse hanno una quota di 4,6 contro l’0,03 atomico. 

E la sicurezza? Spiega Ricotti: «Le centrali attuali sono di terza generazione, resistono a venti come la caduta di un aereo, un grave sisma, uno tsunami. E nel 2030 dovrebbero essere pronte le mini centrali ancora più sicure. E per quanto riguarda le scorie andrà costruito il deposito nazionale: i francesi lo hanno messo nello Champagne… Quello che c’è da fare ora è agganciarsi ai progetti europei e ricominciare subito a lavorare per garantirci un futuro senza dover dipendere dagli altri».

Credito fotografico: Kiara Worth, UNFCCC

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