18 Settembre 2024
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Politica, Società

Chi ha ucciso il dibattito pubblico?

01.09.2024

Inconcludenti. Si parla della maggioranza in un argomento X, l’attenzione viene subito deviata su un argomento Y, o viceversa. I social media riportano un’atmosfera generale che ha trascinato il pubblico in un labirinto di argomentazioni senza fine. Anche personaggi politici e pubblici sembrano posseduti da questo “benaltrismo” caratterizzante.

Il dibattito pubblico è morto. Non nel senso che qualche autocrate arrivato da lontano ha improvvisamente tolto di mano lo scettro alla democrazia e ha posto fine, dall’oggi al domani, alla res publica. No, il dibattito pubblico è imploso, lentamente, a causa della pressione esercitata da un “benaltrismo” ormai fuori controllo. E lo vediamo tutti giorni. Ci basta fare un giro su Facebook, per esempio, e andare nella sezione commenti di qualche post con contenuto politico (ma non necessariamente): si parla della maggioranza in un argomento X, ma ecco che l’attenzione viene subito spostata su un argomento Y, che riguarda l’opposizione. O viceversa. Un atteggiamento talmente interiorizzato da aver creato, negli anni scorsi, una specie di tormentone: “E allora il PD?”.

Ancora, Parigi 2024, Olimpiadi. Il 1° agosto si è disputato l’incontro di boxe femminile tra l’italiana Angela Carini e l’algerina Imane Khelif. Di cose da dire su che cosa è successo dopo ce ne sarebbero parecchie, ma finiremmo fuori tema. Restiamo dunque focalizzati sul discorso. La questione era: una sovrapproduzione naturale di testosterone in un corpo femminile, comporta vantaggi così importanti da impedire a Khelif di gareggiare nella categoria femminile? Il Comitato Olimpico Internazionale la sua posizione l’ha espressa. L’opinione pubblica, anche, ma spesso cambiando discorso: si è parlato di ideologia woke, di ideologia gender e persino di “notizia per distrarre i cittadini dai problemi veri”. Un “caso” sportivo che in un battito di ciglia ha assunto i connotati di un caso politico, dove ciascuno, pur di tirare acqua al proprio mulino, ha gettato nel calderone frasi fatte e accuse a questo o a quel partito.

In altri termini, un disastro. E forse (forse) non sarebbe così grave se il fenomeno fosse limitato ai social network. Perché anche i nostri politici sguazzano nel benaltrismo, e ce lo ha ricordato anche il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano quando alla domanda del giornalista: «Lei si sente antifascista» ha risposto con un «Lei invece si dichiara anticomunista?», creando una fallacia non solo comunicativa, ma anche storica. Perché, nel caso italiano, mettere sullo stesso piano fascismo e comunismo è un errore anacronistico. Un errore che non ci aspetteremmo da un Ministro della Cultura.
E che i dibattiti – politici e pubblici, di ogni colore – siano intrisi di retorica, lo sappiamo dai tempi di Cicerone, ed è giusto così. Perché la retorica è parte integrante del fascino della politica. Ma oggi il benaltrismo ha permeato tutto il dibattito pubblico, e ha reso il confronto una battaglia ad armi impari. Insomma, il problema non è la retorica, il problema è un altro.

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