15 Maggio 2025
/ 14.05.2025

Ciao Pepe. Se n’è andato Mujica, il presidente guerrigliero, contadino ed ecologista

Pepe Mujica è morto il 13 maggio a 89 anni. Ex guerrigliero tupamaro, prigioniero politico, presidente dell’Uruguay, simbolo vivente di sobrietà e coerenza. La sua eredità è un manifesto etico in difesa della giustizia sociale e dell’equilibrio ambientale

Dalla lotta armata con i Tupamaros alla massima carica dello Stato, dai lunghi anni nel buco umido e malsano che chiamavano prigione agli incontri con i leader globali. Il suo status è cambiato, il conto in banca no perché lui si definiva “il presidente più povero del mondo”. Altri presidenti, nel continente americano, accettano regali da 400 milioni di dollari; lui donava il 90% del suo stipendio di presidente dell’Uruguay a progetti sociali perché meno di mille euro gli bastavano. 

Ora i suoi straordinari 89 anni di vita si sono conclusi. Pepe Mujica, il presidente contadino che ha fatto del potere un servizio, è morto come ha vissuto. Con chiarezza e con passione. Le sue condizioni fisiche, provate dalle condizioni della prigionia, non hanno intaccato il suo umore e la sua lucidità. Pochi mesi fa ha preso atto dell’avanzata del tumore all’esofago e ha detto “Ho dato un senso alla mia vita, morirò felice”. Forse ha dato un senso alla vita di molti. Perché ha dimostrato che un’alternativa alla miseria e alla sopraffazione è possibile.

Arrestato nel 1972

Negli anni Sessanta, Mujica aveva imbracciato le armi come membro dei Tupamaros, il movimento di guerriglia urbana che si opponeva alla violenza della deriva autoritaria dell’Uruguay. Fu arrestato nel 1972 e trascorse quasi 14 anni in carcere, molti dei quali in isolamento. Quando uscì, a democrazia restaurata, entrò nel Frente Amplio, fu eletto deputato, poi senatore e infine ministro dell’Agricoltura. Nel 2010, a 75 anni, divenne presidente della Repubblica. Scelse di non vivere nel palazzo presidenziale ma nella sua casa in campagna – molto modesta – con un cane a tre zampe e un Maggiolino scassato come auto ufficiale.

Per lui la sobrietà era un atto politico, oltre che una scelta spontanea. In un celebre discorso alla conferenza Onu Rio+20, denunciò “la civiltà dello spreco” e il mito della crescita infinita: “Siamo nati per consumare o per essere felici?”. Oggi per dire che difesa dell’ambiente e giustizia sociale devono andare di pari passo si usa una sigla che molti non capiscono: Esg, Environment, Social, Governance. Lui era più diretto e più immediato. E incredibilmente pragmatico. “Io devo lottare – diceva – per migliorare la vita delle persone nella realtà concreta di oggi e non farlo è immorale. Questa è la realtà. Sto lottando per degli ideali, ok; ma non posso sacrificare il benessere della gente per degli ideali”. E di questo si è occupato nei suoi cinque anni da presidente.

Energia pulita e diritti civili

Durante il suo mandato (2010-2015), l’Uruguay ha compiuto un salto straordinario nella transizione energetica: oltre il 90% dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Non fu un miracolo, ma il risultato di politiche pubbliche intelligenti, incentivi agli investimenti e un approccio pragmatico: l’ecologia non come ideologia, ma come necessità e opportunità. E infatti oggi la percentuale di rinnovabili è rimasta sopra il 90%.

Parallelamente, Mujica ha portato avanti una serie di riforme civili che hanno posto l’Uruguay all’avanguardia non solo dei Paesi centro e sud americani: legalizzazione dell’aborto, matrimonio egualitario, regolamentazione della cannabis. Il filo conduttore è stato sempre lo stesso: mettere al centro la persona, ridurre le diseguaglianze, allargare i diritti.

Il pensiero ecologista del contadino filosofo

Mujica non amava definirsi ambientalista, ma il suo rapporto con la terra – da ex contadino, da figlio della campagna – lo rendeva profondamente consapevole del legame tra esseri umani e natura. Da presidente, si batté per una riforma agraria più equa e sostenne la piccola agricoltura familiare contro la concentrazione fondiaria e l’agrobusiness.

Pepe Mujica ha lasciato la politica attiva nel 2020, con un ultimo appello ai giovani: “Non lasciatevi rubare l’allegria e la speranza”. Fino all’ultimo ha continuato a parlare, con la sua voce roca e lenta, di giustizia, sobrietà, empatia. In un’epoca dominata dall’apparenza e dall’individualismo, ha mostrato che un’altra politica – sobria, etica, essenziale – è possibile. E necessaria.

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