13 Giugno 2025
/ 11.06.2025

Civitavecchia chiude con il carbone. Ora il  lavoro è green

Civitavecchia esplora l’era del dopo carbone. Dalla rigenerazione urbana alla riconversione energetica con l’eolico offshore: tanti i progetti in campo. Si parla di 3 mila posti di lavoro in 3 anni

A Civitavecchia, in un giorno qualsiasi di inizio estate, il mare brilla sotto il sole. Le gru del porto sembrano immobili, come in attesa di qualcosa. Ma nell’aria, tra le onde e il rumore sordo dei traghetti, si avverte un nuovo fermento. La città sta cambiando. Per decenni, la città ha vissuto nell’ombra del carbone. Torrevaldaliga Nord, la grande centrale termoelettrica affacciata sul Tirreno, è stata una presenza ingombrate, quasi familiare. Ha dato lavoro, ha garantito elettricità a milioni di italiani. Ma ha anche inquinato l’aria, oscurato il cielo, e contribuito, con le sue tonnellate di CO2, al riscaldamento globale. Ora, quel tempo sta finendo.

Nel dicembre 2025, infatti, la centrale verrà spenta, per sempre. Dunque, una data cerchiata in rosso sui calendari di chi, per anni, ha lottato per la salute e il futuro della città. Ambientalisti, comitati di cittadini, studenti. Tutte persone che hanno alzato la voce contro la prospettiva di sostituire il carbone con il gas, un’altra fonte fossile, un’altra ipoteca sul domani. E alla fine sono state ascoltate: il progetto di riconversione a gas è stato accantonato. Al suo posto, oggi, si parla di energie rinnovabili, di impianti solari, di idrogeno verde. Insomma, di un futuro più pulito.

Ma soprattutto si parla di vento. Perché oltre l’orizzonte visibile, a più di venti chilometri dalla costa, sorgerà il primo parco eolico galleggiante nel Mediterraneo. Un’opera visionaria, che ha il sapore delle grandi imprese. Ventotto turbine ancorate al fondale, capaci di generare energia per oltre 500 mila famiglie. E di evitare ogni anno l’emissione di quasi mezzo milione di tonnellate di anidride carbonica. Una rivoluzione che non si vede, ma che si sentirà. Nell’aria più pulita, nelle bollette più leggere e nei posti di lavoro che verranno creati.

Dalle ciminiere ai pannelli solari

Ma non è solo una questione di vento. Civitavecchia, infatti, si sta trasformando in un laboratorio vivente della transizione ecologica. La Regione Lazio ha scommesso forte sul territorio, avanzando l’idea di un piano ambizioso: la nascita del primo Distretto delle energie rinnovabili.

Una proposta, questa, che include oltre 650 MW di fotovoltaico, impianti per la produzione di idrogeno da fonti pulite, batterie per l’accumulo dell’energia e una nuova rete di infrastrutture energetiche. In numeri, si parla di oltre 3.000 posti di lavoro in tre anni.

In altri termini, una rivincita. La rivincita di una città che è stata abituata, per anni, a produrre energia sporca. Ma è anche una scommessa: quella di non lasciare indietro nessuno, di riconvertire, di formare e di includere. Di trasformare la crisi in un’opportunità.

Le strade del futuro

Mentre l’energia cambia forma, anche la città inizia a cambiare pelle, con il grande piano di rigenerazione urbana. Un progetto che prevede il recupero di aree dismesse, la bonifica dei siti industriali, nuovi spazi verdi e una mobilità più sostenibile. Il collegamento tra il porto e l’aeroporto di Fiumicino, ad esempio, non sarà solo un’opera logistica, ma un’arteria che riunisce territori e rilancia la vocazione turistica di Civitavecchia. E così il mare, che a lungo è rimasto ostaggio del carbone, può tornare ad essere una risorsa. Per chi pesca, per chi naviga, per chi semplicemente passeggia sul lungomare.

Certo non è tutto così semplice. Alcuni operatori del turismo e della pesca guardano con preoccupazione ai progetti offshore, mentre altri temono che le promesse si perdano nei soliti meandri della burocrazia. E chi lavora nella vecchia centrale teme il giorno in cui le ciminiere smetteranno davvero di fumare.

Ma in questa complessità c’è anche una forza, quella di una comunità che non si arrende all’inerzia, che discute, partecipa e propone. E che oggi ha davanti a sé una possibilità concreta: diventare simbolo di una transizione giusta e reale.

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