2 Dicembre 2025
/ 2.12.2025

Clima ingiusto, la crisi ambientale colpisce di più chi ha meno

Clima ingiusto, scritto per Donzelli da Giovanni Carrosio e Vittorio Cogliati Dezza, propone la nascita di un welfare energetico-climatico basato sulla prevenzione e sull’integrazione

Il cuore del libro sta nell’antefatto. Un breve capitolo introduttivo che racconta le storie di un gruppo di persone. C’è Margherita, 82 anni, che vive all’ultimo piano di un palazzo di edilizia pubblica di otto piani, a Trieste. La sua pensione non le permette di comprare un condizionatore. Quando il caldo diventa insopportabile, va a prendere il caffè e a giocare a carte dalla sua vecchia amica che abita al piano terra, dove c’è più fresco perché qualche albero davanti regala un po’ d’ombra.

Le va meglio che ad Antonio, un coetaneo che abita nelle case di fronte e che ormai ha le gambe troppo deboli per affrontare le scale nel suo palazzo senza ascensore. Quando il caldo lo fa respirare male si sdraia, beve molta acqua e aspetta il tramonto.

Poi ci sono Dimitri, a Biella, che ha l’energia dei suoi 32 anni ma non abbastanza soldi per permettersi di pagare il riscaldamento, così ha dovuto disdire il contratto del gas: si arrangia con un fornelletto da campo. Adele, a Firenze, che quando il compagno è morto non ha ottenuto la pensione di reversibilità e d’inverno se la cava barricandosi in cucina, l’unica stanza che riesce a riscaldare. Ester, che ha 7 anni e vive da più di un anno in un container in un’area di accoglienza nel Comune di Budrio, dopo che la sua casa è stata distrutta da una pioggia che ha scaricato 350 millimetri di acqua in 48 ore facendo esondare il fiume Idice.

Sono le storie che sintetizzano il perché di Clima ingiusto, scritto per Donzelli da Giovanni Carrosio, docente di sociologia a Trieste, e Vittorio Cogliati Dezza, ex presidente di Legambiente e membro, come Carrosio, del Forum Disuguaglianze e Diversità.

Le vite raccontate mettono in evidenza un elemento che spesso resta invisibile: la connessione tra l’ingiustizia sociale e quella ambientale. Perché, come dimostra anche l’analisi dei grandi disastri climatici come l’uragano Katrina, se è vero che la crisi climatica colpisce tutti, è anche vero che i poveri sono quelli che muoiono di più avendo meno strumenti di difesa. Abitano in zone più inquinate, non si possono permettere una buona regolazione termica delle case, spesso vivono in periferie remote e devono usare una macchina vecchia per andare a lavorare perché il trasporto pubblico è carente.

Sono le difficoltà che provocano rivolte come quella dei gilet jaunes, nata da un aumento dei prezzi del carburante. Protesteche paradossalmente hanno come bersaglio proprio la transizione ecologica mirata a ridurre il rischio climatico. “La destra è riuscita a portare dalla parte dei grandi ricchi (non tutti lì) il mondo variegato dei vulnerabili e dei penultimi, che hanno paura delle transizioni in corso e soprattutto della transizione ecologica, che il mondo dei fossili è riuscito a far apparire come particolarmente pericolosa e sostanzialmente inutile, per portare a casa un prolungamento sine die della propria rendita”, si legge in Clima ingiusto.

Per superare questo problema, propongono gli autori, “l’ambientalismo non può più chiudersi nella propria ridotta, nel proprio specialismo: se vuole risolvere i problemi ambientali deve fare i conti con la giustizia sociale”. E dare forza alla green society, che in modo carsico si è diffusa nella società italiana, ma non riesce “a fare sistema, ad acquisire peso specifico, a delineare un orizzonte di cambiamento credibile”.

Alcuni rimedi si stanno già cominciando a diffondere. Ad esempio le comunità energetiche, le cooperative di consumo che aggregano la domanda dei più vulnerabili, il verde pubblico come rifugio climatico. Ma a fine 2023 le famiglie in povertà energetica in Italia erano già salite al 9%, seguendo un trend di crescita che non si arresta.

Per invertire il processo – suggeriscono Carrosio e Cogliati Dezza – occorre disaccoppiare il prezzo dell’energia rinnovabile da quello dei fossili e creare un welfare energetico-climatico basato sulla prevenzione e sull’integrazione. Passando da un welfare “che si limita a compensare i danni del sistema economico a un welfare che contribuisce attivamente alla trasformazione di tale sistema in direzione della sostenibilità, riconoscendo l’interdipendenza tra benessere umano e integrità degli ecosistemi”.

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