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Lavoro, Sanità

Come attrarre infermieri per l’Italia

07.07.2024

Siamo il Paese con meno infermieri per 1.000 abitanti: 6,4 contro una media europea di 9,5. Per il Ministro della Salute bisogna rendere la professione più attrattiva, non solo economicamente, ma anche con migliori prospettive di carriera. Le tre soluzioni.

Tra i Paesi membri dell’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che ne associa 38 dall’America settentrionale all’America Latina, dall’Europa all’Asia del Pacifico, l’Italia è quello con meno infermieri per 1.000 abitanti: 6,4 contro una media europea di 9,5 ed è fanalino di coda (sempre nell’OCSE) per laureati in infermieristica ogni 100.000 abitanti: solo 17 contro una media di 48. Oggi la carenza di infermieri in Italia è di almeno 65.000 unità, secondo la Corte dei conti, ma nei prossimi dieci anni usciranno dalla professione per raggiunti limiti di età, rispetto al decennio precedente, almeno il quadruplo dei professionisti. Un quadro preoccupante, perché si corre il rischio di interrompere la filiera dell’assistenza sanitaria nei reparti ospedalieri, nelle case di cura e nelle comunità territoriali dove la professione infermieristica è sempre più richiesta.

La FNOPI, Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche e la Conferenza dei Rettori delle Università italiane si sono confrontate per individuare una strategia comune in grado di recuperare il pesante gap e stimolare i giovani a scegliere di abilitarsi a ricoprire questa professione, che riveste un ruolo cruciale nel Sistema Salute, facendone una scelta di vita. L’obiettivo secondo il Ministro della Salute Orazio Schillaciè renderla più attrattiva non solo economicamente ma anche con migliori prospettive di carriera. «Un passo fondamentale in questa direzione è l’evoluzione della professione infermieristica verso le specializzazioni universitarie per rispondere alle sfide del futuro e per garantire un’assistenza sanitaria sempre più qualificata ed efficiente».

Senza un intervento strutturale in grado di ridare attrattività alla professione e di riequilibrare gli organici, la carenza non resta più un problema della professione, ma diventa del Paese e dei cittadini, perché senza infermieri non c’è futuro. Insomma, senza infermieri non c’è salute e non c’è assistenza per una popolazione sempre più anziana, fragile e sola. Basti pensare che in Italia, dall’anno accademico 2010-2011, la perdita di attrattività della professione legata alla scarsa retribuzione e all’impossibilità di un concreto sviluppo di carriera ha portato a una riduzione progressiva della domanda, a fronte dell’aumento di posti a bando per cercare di arginare la forte carenza infermieristica. Si è giunti, specie al Nord, anche a registrare mediamente anche meno di una domanda per posto di lavoro.

Secondo la presidente FNOPI, Barbara Mangiacavalli, le soluzioni si basano su tre priorità: incremento della base contrattuale e riconoscimento economico e dell’esclusività delle professioni infermieristiche; riconoscimento delle competenze agite; evoluzione del percorso formativo universitario, con le specializzazioni. Il primo passo riguarda la legge 43/2006 che regolamenta le professioni sanitarie e stabilisce un ampliamento delle competenze, per arrivare a una revisione delle Lauree Magistrali con l’individuazione di tre aree di sviluppo specialistico: cure primarie, cure pediatriche e neonatali, cure intensive ed emergenza. La FNOPI ha consegnato simbolicamente alla Conferenza dei Rettori il video “Infermieri NextGen” per incentivare l’arruolamento di nuovi futuri infermieri previsto con il test nel mese di settembre.

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