8 Marzo 2025
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Economia, Sostenibilità

“Competitività e sostenibilità vanno a braccetto”

01.03.2025

Meno vincoli ambientali per le imprese, norme per facilitare gli aiuti di Stato e l’opzione del Buy European: nei giorni scorsi la Commissione europea ha svelato ad Anversa il Clean Industrial Deal, un piano da oltre 100 miliardi di euro per accelerare la transizione dell’industria europea verso la sostenibilità.

Affiancato da un pacchetto omnibus per snellire la burocrazia e da un piano per abbassare le bollette energetiche, l’atteso provvedimento dell’esecutivo di Ursula von der Leyen ha confermato le anticipazioni. “Beh, in realtà è andato anche oltre. Ci aspettavamo sì un bel taglio agli obblighi, ma non in maniera così netta andando a incidere anche sulle scadenze”, osserva Alessandro Broglia, co-fondatore di Up2You, una società che crea soluzioni personalizzate per rendere la sostenibilità un vantaggio competitivo per le aziende, accompagnandole in ogni step del loro percorso.

È vero che il provvedimento mette in contrapposizione competitività e sostenibilità?
“Sì, dal nostro punto di vista il messaggio che emerge dalla documentazione è sbagliato”, risponde Broglia. “Solo con un’analisi puntuale del testo si nota che la posizione della Commissione europea è diversa da quella che traspare dai titoli della documentazione dove, ribadisco, competitività e sostenibilità sono messi in contrapposizione. È chiaramente un messaggio sbagliato ed è importante che le aziende non lo facciano proprio. È vero il contrario: per crescere bisogna puntare sulla sostenibilità perché significa essere efficienti, resilienti e porta numerosi vantaggi di business. Non si tratta di una presa di posizione solo etica”.

Come si rafforza la competitività?
“Partiamo dallo sfatare un luogo comune: fare la rendicontazione sulla sostenibilità non frena la crescita delle aziende. Tutt’altro. La sostenibilità è uno dei driver più importanti di crescita. La criticità che percepisco è, invece, legata al continuo variare delle regole. Il non sapere il contesto nel quale ci si muove blocca la crescita delle realtà produttive. Quindi, al momento l’urgenza che vedo è un quadro normativo stabile”.

Come pensa reagiranno le aziende?
“La reazione delle aziende a questo provvedimento, e lo dico per esperienza diretta, è spesso l’immobilismo, anche se nelle aziende dove c’è sensibilità sul tema della sostenibilità si cerca di capire, al di là dell’assenza di obblighi. Invece nelle aziende in cui il tema non ha fatto presa forse non sanno neppure che il provvedimento è uscito. Nel continuo cambiamento normativo, le aziende che hanno già intrapreso percorsi di sostenibilità continueranno ad avere un vantaggio competitivo, anzi, ora ancora maggiore”.

 Ma è un approccio che accomuna realtà piccole e grandi?
“Sicuramente, il decreto riduce lo sforzo delle piccole e medie realtà. Sono solo le grandi aziende ad essere obbligate. Ma con una difficoltà maggiore, legata all’incertezza di avere fornitori che rispettino le performance di sostenibilità. Allo stesso tempo, però, il processo di transizione ecologica è irreversibile: è il mercato che lo chiede. Le persone sono sempre più consapevoli che scegliere prodotti o aziende sostenibili è un valore aggiunto. Il risultato è che in futuro, i grandi saranno già pronti a rispondere alla domanda, le aziende più piccole, non obbligate dalla norma, partiranno in svantaggio”.

Nel pacchetto rilasciato dalla Commissione europea vede qualche aspetto positivo?
“Sì, il fatto di aver rimarcato in più punti il Vsme, lo standard volontario di rendicontazione che di fatto diventa un passpartout. Le informazioni di sostenibilità vengono veicolate su questo standard anche da chi non è obbligato. Sono sempre di più le aziende chiamate da clienti, banche, investitori e stakeholder a fornire dati e informazioni sulle proprie performance di sostenibilità, rendendola una scelta consapevole e di business”.

Quindi sarà il mercato a definire che la sostenibilità è un vantaggio competitivo?
“Sì, è un’arma che abbiamo per rilanciare la competitività. Su questo fronte, l’Europa può fare grandi cose. Il rischio, altrimenti, è di restare schiacciati da Stati Uniti e Cina”.

 

 

 

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