Il gas naturale, per anni spina dorsale della sicurezza energetica italiana, è sempre meno centrale nel mix nazionale. Lo afferma l’ultimo studio del think tank energetico Ember: da qui al 2030 la domanda di gas in Italia è destinata a ridursi del 15%, più del doppio della media europea (-7%). Una curva in discesa che si innesta in un trend già avviato negli anni recenti e che, se confermato, rischia di rendere economicamente insostenibili molti dei progetti infrastrutturali oggi in cantiere, a partire dai nuovi rigassificatori come quello appena attivato a Ravenna.
Tra il 2021 e il 2023 il consumo di gas nell’Unione Europea è già sceso del 19%, passando da 404 a 326 miliardi di metri cubi. Ora i piani energetici nazionali (i PNEC) indicano una traiettoria ancora più netta, con l’obiettivo comune di accelerare l’elettrificazione e puntare sulle fonti rinnovabili. In questo contesto, continuare a investire in grandi opere legate al gas appare rischioso.
Italia più veloce dell’Europa nel calo dei consumi
Nel nostro Paese la transizione è particolarmente rapida. Secondo i dati elaborati da ECCO, il think tank italiano per il clima, tra il 2021 e il 2024 il settore industriale ha ridotto i propri consumi di gas del 17,5%, il termoelettrico del 19,5%, e il comparto distribuzione (cioè famiglie e PMI) del 18,3%. La leggera ripresa del 2024 (+0,9% rispetto al 2023) è stata un rimbalzo tecnico dovuto a fattori temporanei, come l’uscita dal carbone. Ma la traiettoria di fondo rimane orientata verso il basso.
Matteo Leonardi, direttore e co-fondatore di ECCO, avverte: “Tutti i fondamentali della domanda del gas dei prossimi anni evidenziano un calo marcato per effetto delle rinnovabili nel settore elettrico, della non competitività del gas nel riscaldamento domestico in aree sempre più vaste del Paese, anche per l’effetto dell’innalzamento della temperatura, dei processi di elettrificazione ed efficienza energetica nei consumi sia domestici che industriali”.
Reti sovradimensionate, rischio per i contribuenti
Il paradosso è che mentre la domanda cala, l’offerta infrastrutturale cresce. L’Europa si appresta ad aumentare del 54% la capacità di rigassificazione del GNL entro il 2030, ignorando che la torta si sta restringendo. Se la domanda scende ma le infrastrutture aumentano, il rischio è chiaro: una sovraccapacità ingestibile e una montagna di investimenti che non potranno mai rientrare.
Ember lancia un avvertimento. “Un’economia elettrificata è la direzione in cui l’UE si sta muovendo in modo deciso e qualsiasi corsa a sovradimensionare infrastrutture gas finirà inevitabilmente in investimenti a perdere. Tutti gli operatori del settore, investitori e decisori politici dovrebbero prenderne nota”, sottolinea Tomos Harrison, analista del think tank.
La situazione italiana è emblematica: la quota di elettricità generata da fonti rinnovabili salirà dal 49% del 2024 al 69% nel 2030, e il grado di elettrificazione dei consumi energetici passerà dal 22% al 27%. Una trasformazione strutturale, che ridisegna la mappa dei bisogni energetici e mette in discussione la stessa sostenibilità economica delle reti gas.
Serve una strategia di uscita, non nuovi tubi
Per Leonardi “nuovi investimenti in infrastrutture gas, si pensi alla Sardegna, sono incompatibili con la sostenibilità economica delle reti. Serve un approccio che dia la priorità alla razionalizzazione delle reti con l’identificazione di aree non economiche in cui iniziare la dismissione in coordinamento con un piano di elettrificazione”.
Il quadro che emerge dal report di Ember è quello di un’Europa che ha imboccato la strada dell’uscita dal gas fossile. L’Italia non solo segue, ma accelera. In questo scenario, ogni euro speso per nuove infrastrutture gassose rischia di essere una scommessa sul passato.