20 Novembre 2025
/ 20.11.2025

Cop30, il nodo da sciogliere restano i soldi

L’adesione alla proposta di fuoriuscita dai fossili è legata alle misure sull’adattamento alla crisi climatica. Italia e Polonia frenano l’Europa

Nelle grandi sale dove si negozia l‘esito della Cop30 il soffitto è grigio non meno che i nuvoloni che ogni pomeriggio scaricano vagonate d’acqua su Belém. Ma grigio non significa nero e dopotutto in ogni Conferenza delle parti sul cambiamento climatico arriva il momento nel quale le trattative sembrano essere finite in un cul de sac e poi la presidenza o chi per lei quasi sempre s’inventa una soluzione che porta a un esito almeno decente.  È quello che l’ambasciatore Andrè Corea do Lago, gran cerimoniere e presidente di Cop30, cercherà di fare pure stavolta.

Ma i problemi sono parecchi, anche tra i Paesi che teoricamente dovrebbero essere favorevoli alla ricerca di soluzioni positive alla questione del cambiamento climatico. Tipo l’Europa. L’Unione Europea ieri non riusciva a trovare un accordo sulla roadmap per l’uscita dalle fonti fossili, per la quale c’era la disponibilità di 25 Paesi su 27 ma non quella di Italia e Polonia, che con il loro no hanno bloccato una posizione comune. Grosso problema. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha incontrato, nei suoi meeting in agenda, il ministro dell’Ambiente italiano, Gilberto Pichetto Fratin e gli ha chiesto di trovare una soluzione. Si sono mosse anche la Commissione e la presidenza di turno e alla fine, nella notte, dopo che un coordinamento europeo diurno era saltato, si è trovata una quadra, approvando un documento UE sulla roadmap che è davvero molto generico.

L’Italia rallenta la Ue

Sulla questione la posizione dell’Italia resta molto cauta, se non fredda. E non solo perché si vuole che i biocarburanti siano parte della transizione, ma anche perché si intende tutelare il ruolo del gas nella transizione. “La roadmap sulle fonti fossili è un riferimento al paragrafo 28 dell’accordo di Dubai, chiaramente fa riferimento a tutto il complesso dei fossili”, ha detto il ministro Pichetto Fratin, “e il gas è quello che determina le minori emissioni, quindi è l’ultimo. Bisogna partire dal carbone, dal petrolio e poi, in ultimo, si può arrivare al gas. Ma non c’è ancora un criterio preciso al momento, non ci sono date: ci sono degli auspici”.

“L’Europa”, osservano al think thank climatico Ecco, “sta cercando di definire meglio il contenuto di una roadmap che, secondo Bruxelles, dovrebbe essere collaborativa, ancorata alle indicazioni della scienza e basata sui Piani nazionali di riduzione delle emissioni (Ndc). Bruxelles chiede inoltre che ogni anno la presidenza prepari un rapporto di sintesi sullo stato di avanzamento della roadmap. Con questa proposta, l’UE prova a uscire dall’angolo e a superare le resistenze e i dubbi di Italia e Polonia. Ora resta da vedere se i paesi produttori di combustibili fossili, in primis i Paesi del Golfo, accetteranno questo passo avanti”. Il che è molto difficile, anche perché i sondaggi che sono stati fatti dalla Cina per conto della presidenza brasiliana presso Arabia Saudita (che di fatto coordina la posizione dei Paesi del Golfo) e Russia sono finiti in un nulla di fatto. Ma lo spazio per le trattative è ancora ampio, pur se l’esito è del tutto incerto.

L’Onu preme

E non a caso ieri il segretario generale delle Nazioni Unite è tornato a premere. “Penso”, ha detto Antonio Guterres incontrando la stampa, “che questo non sia il momento di parlare di un possibile fallimento ma di garantire che questo fallimento non si verifichi. Sono pienamente convinto che sia possibile trovare un compromesso che tenga conto delle legittime preoccupazioni dei Paesi circa l’adattamento e la mitigazione, che ovviamente includono la necessità di tenere in conto l’uscita dalle energie fossili, come è stato fatto a Dubai due anni fa”. E Guterres sa che per avere un accordo tutto si tiene, e quindi se si vorrà un’intesa sulla roadmap servirà trovare un accordo anche sull’adattamento. “Ritengo possibile”, ha detto Guterres oggi, “triplicare la finanza per l’adattamento e farlo qui a Belem”. Questo significa però che è necessario che i Paesi sviluppati allarghino ancora un po’ i cordoni della borsa, cosa che sinora si sono finora rifiutati di fare.

Ma la pressione della presidenza brasiliana, che Guterres supporta, prosegue, e anche nell’incontro con il ministro dell’Ambiente italiano il segretario generale ha chiesto uno sforzo di flessibilità.  “Nel colloquio – rivela Pichetto Fratin – abbiamo trattato il tema della mitigazione, ma la parte centrale si è concentrata sull’adattamento, dove Guterres chiede uno sforzo finanziario. Io ho risposto che con i Paesi dell’Unione Europea abbiamo già condiviso la questione, eravamo quelli che hanno fatto un grande sforzo a Baku lo scorso anno per raggiungere l’obiettivo di 300 miliardi. Ho anche precisato che il mio Paese è quello che ha in questo momento anche il primato europeo”.  Come dire, assalto respinto. 

L’intesa sulla finanza

Eppure, non se ne esce. La credibilità e in ultima analisi il successo di Cop30 deriverà in gran parte dalla possibilità di garantire alle nazioni vulnerabili che non saranno lasciate sole di fronte agli effetti del cambiamento climatico e che l’implementazione sarà sostenuta. Senza indicazioni limpide riguardo alla finanza, qualunque altro testo rischia di essere ritenuto carente e rigettato. Un’intesa sulla finanza sarà cruciale anche per avanzare su tutti gli altri ambiti negoziali.

La proposta di Mutirão Decision offre varie alternative: le nazioni sviluppate dovranno adesso decidere cosa sia concretamente fattibile nell’ambito del nuovo Obiettivo Collettivo di Finanza Globale (Ndcg), considerando la richiesta congiunta del Sud del mondo di triplicare i fondi per l’adattamento entro il 2030, toccando i 120 miliardi di dollari annuali. Qualunque veste assumerà la deliberazione finale, dovrà contemplare un incremento notevole del supporto ai Paesi in fase di sviluppo da parte di fonti pubbliche e private, ammettendo il ruolo essenziale delle risorse statali a termini agevolati per riequilibrare il rapporto tra mitigazione e adattamento. Se non si sblocca la finanza non si sblocca nulla.

CONDIVIDI

Continua a leggere