18 Novembre 2025
/ 18.11.2025

Cop30: l’Ucraina chiede alla Russia 43 miliardi di danni climatici

Per la prima volta nella storia, una guerra diventa oggetto di richiesta di risarcimento climatico sul palco internazionale Onu

Alla Cop30, mentre i negoziatori discutono di fondi per il clima e obiettivi di emissione, l’Ucraina ha messo sul tavolo una questione che nessuno aveva mai sollevato prima: qual è il costo in termini di inquinamento e impatti climatici di un’invasione militare? La risposta, secondo i calcoli dell’Initiative on Greenhouse Gas Accounting of War (Iggaw), è l’equivalente di 236,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica e altri gas serra rilasciati nei primi tre anni di conflitto russo-ucraino. Tradotto in dollari, applicando il costo sociale del carbonio di 185 dollari per tonnellata: 43,8 miliardi.

Il diesel supera le bombe

La categoria che pesa di più sull’impronta di carbonio non è quella delle esplosioni o degli edifici crollati, ma il carburante. Si registrano 73,5 milioni di tonnellate di inquinamento dal solo consumo di diesel e cherosene per carri armati, aerei da combattimento e convogli logistici.

La guerra diretta, ovvero le operazioni militari (chiamate “Warfare”), rappresenta il 34% del totale delle emissioni. Seguono le emissioni future della ricostruzione (27%), che richiederà quantità enormi di cemento e acciaio, materiali che da soli copriranno oltre l’80% dell’impronta di carbonio degli edifici da rifare. L’ammontare totale di 236,8 milioni di tonnellate equivale alle emissioni annuali combinate di Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Le emissioni da incendi, attacchi alle infrastrutture energetiche, sfollamento dei civili e aviazione commerciale completano il quadro.

Incendi fuori controllo

Nel 2024, la situazione degli incendi è precipitata. L’area bruciata è stata 20 volte superiore alla media del periodo 2006-2021. Le condizioni meteorologiche eccezionalmente secche — probabilmente legate al cambiamento climatico — hanno trasformato piccoli focolai causati dai bombardamenti in roghi estesi. Inoltre i vigili del fuoco non possono intervenire nelle zone di combattimento. Risultato: circa 3 milioni di ettari di foreste ucraine sono stati distrutti o danneggiati dalla guerra, riducendo la loro capacità naturale di assorbimento dei gas serra di 1,7 milioni di tonnellate all’anno.

Voli più lunghi, più emissioni

Infine ci sono da considerare altri due fattori. La chiusura dello spazio aereo ucraino e siberiano ha costretto le compagnie occidentali a percorsi alternativi tra Europa e Asia. La rotta Londra-Tokyo, ad esempio, è passata da 11 ore e 54 minuti a 14 ore e 50 minuti. Le emissioni derivanti dalle deviazioni dell’aviazione civile (chiamate “civil aviation”) ammontano a 20,3 milioni di tonnellate di inquinamento totale (pari al 9% del totale). E poi nel calcolo entrano le emissioni dalle infrastrutture energetiche danneggiate (il 7% del totale).

Un precedente senza eguali

Nessuno Stato aveva mai chiesto riparazioni climatiche per un atto di aggressione. L’Assemblea generale dell’Onu ha già stabilito che la Russia deve risarcire l’Ucraina, e il Consiglio d’Europa ha creato un Registro dei Danni che inizierà ad accettare richieste ambientali “nei prossimi mesi”. L’Ucraina prevede di formalizzare la propria richiesta nei primi mesi del 2026. Un parere consultivo atteso dalla Corte Internazionale di Giustizia nel luglio 2025 sugli obblighi climatici degli Stati potrebbe rafforzare ulteriormente la posizione ucraina.

Il vice ministro ucraino Pavlo Kartashov ha definito l’invasione una “guerra sporca” le cui conseguenze climatiche “saranno percepite ben oltre i confini nazionali e nel futuro”. La richiesta serve anche a finanziare quella che Kiev chiama “ripresa verde”, allineata alle politiche climatiche dell’UE. Se la richiesta andrà in porto, stabilirà che le guerre hanno un prezzo anche in termini di inquinamento climatico. E che qualcuno deve pagarlo.

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