Parole come “frane”, “cicloni”, “valanghe”, “estinzione”, che per noi suonano in relazione al significato terribile, vanno pensate come ascritte al lessico intraducibile della “vita”, ben prima della nostra capacità d’interpretazione.
La Terra vive. Lo fa con mutamenti incessanti e con precise dinamiche. Sul suo suolo vivace le popolazioni hanno edificato spazi abitabili spesso in disarmonia con l’uomo e con la sua esigenza di progettualità duratura. Le “aree di dinamismo” della crosta terrestre sono aree di rischio, pur rappresentando le più ovvie manifestazioni di vivacità della “natura”. C’è un “dinamismo geomorfologico”, che interessa le zone di contatto tra le zolle litosferiche, lungo le quali si verificano intensi fenomeni sismici ed eruzioni vulcaniche. O che riguarda gli spazi costituiti da rocce di scarsa coesione, soggette a erosione, spostamento, accumulo verticale, con frane e calanchi, o ancora a ripascimento, ovvero all’avanzamento della linea di costa a scapito del mare. Le “aree di dinamismo troposferico” si caratterizzano, invece, per la variabilità della composizione dell’atmosfera, per le perturbazioni, i cicloni, i venti costanti o periodici come i monsoni, le piogge intese, il cambiamento climatico, le bufere di neve o le valanghe.
L’espansione dei fondali oceanici o i cosiddetti “fortunali” (le perturbazioni con forti venti che creano difficoltà alla navigazione), definiscono e individuano, insieme ai maremoti, le zone di “dinamismo marino”. Quello idrogeologico, poi, è legato alle modificazioni del reticolo idrografico, l’insieme dei corsi d’acqua di un territorio, ma anche al verificarsi di alluvioni e al movimento dei ghiacciai. In ultimo, il “dinamismo biologico” prevede la “naturale” estinzione e variazione di dimensione delle popolazioni vegetali e animali. “Parole” (“frane”, “cicloni”, “valanghe», “estinzione”) che suonano in relazione al significato, terribile, che possiamo attribuir loro, ma che vanno pensate come ascritte, ben prima della nostra capacità d’interpretazione, al lessico intraducibile della «vita». Nelle aree di dinamismo geomorfologico, l’equilibrio esistente tra noi e l’ambiente che ci ospita va scomposto, evidenziando le sue componenti: il “valore”, ovvero le vite umane e i beni presenti, la “vulnerabilità”, che è il dato percentuale delle vite umane e dei beni a rischio nel caso in cui si verifichi un evento e la “probabilità” che questo accada.
Il maggior rischio per gli abitanti è determinato da suoli poco coerenti, da insediamenti precari e spesso dall’alta densità della popolazione dovuta a un antico popolamento, con i terreni vulcanici che devono la loro attraente fertilità alla presenza di minerali. L’inquinamento naturale delle eruzioni, dei pollini e quello antropico, con l’uso di composti chimici e le modificazioni fisiche dell’ambiente, aumentano il rischio nelle aree troposferiche. Accade negli Stati Uniti, in Africa, in Asia. Gli scarichi terrestri ricalcano l’orma dell’uomo nei luoghi del dinamismo marino, mentre la distruzione della vegetazione facilità le alluvioni e danneggia il dinamismo biologico, già provato dalla presenza di metropoli, di vie di comunicazione, di impianti industriali e di conflitti armati.