14.10.2024
Anche Shanghai è sua. Il 17esimo titolo della sua carriera ottenuto a 23 anni e 2 mesi. Con lui si mette fine a una generazione. Il 2024 di Jannik è già una delle migliori stagioni dell’Era Open. Il suo è un bilancio record che gli permette di entrare in un’élite da brividi. Sarà tra i migliori di sempre? I numeri sono dalla sua parte.
Fino a qualche tempo fa, potevamo sostenere che qualcosa stesse cambiando ai vertici del tennis mondiale. L’esito del Masters 1000 di Shanghai certifica che quel qualcosa è ormai cambiato. È possibile che Novak Djokovic, ultimo baluardo della vecchia generazione, possa ancora infilare una o più zampate. Ma ormai il tennis ha un nuovo padrone. Finisse oggi, il 2024 di Jannik Sinner sarebbe già una delle migliori stagioni dell’Era Open. Con un bilancio di 65 vittorie e 6 sconfitte, sette tornei vinti (tra cui due Slam e tre Masters 1000) e un vantaggio enorme sui diretti inseguitori, entrerà in un’elite da brividi. Negli ultimi cinquant’anni, soltanto otto giocatori hanno concluso almeno una stagione vincendo il 90% dei match giocati. Ivan Lendl (5 volte) guida una lista di cui fanno parte Federer, Borg, Connors (4), Djokovic (3), Nadal (2), McEnroe e Vilas (1). Salvo improbabili capitomboli negli ultimi impegni dell’anno, Sinner entrerà in un club da brividi. Sta entrando in una nuova dimensione, quella dei campioni che trascendono il loro tempo. Non è più il leader del florido movimento azzurro: è insensato, quasi offensivo per lui, paragonarlo agli altri italiani. I quali vanno benissimo, ma corrono un’altra gara.
Quella di Jannik – metafora rappresentata da uno dei tanti spot che lo vede protagonista – è una corsa di Formula 1. È troppo presto per dire se Jannik si infilerà tra i migliori di sempre, ma i numeri sono dalla sua parte. Quello a Shanghai è stato il titolo numero 17 della sua carriera, ottenuto a 23 anni e 2 mesi. Detto che è di gran lunga l’azzurro più titolato (Panatta e Berrettini sono fermi a 10, i 48 successi di Nicola Pietrangeli pagano la tassa dell’epoca dilettantistica), è interessante verificare quando i Big Three hanno vinto il loro 17esimo torneo. Roger Federer a 22 anni e 11 mesi, Novak Djokovic a 22 anni e 9 mesi e Rafael Nadal (mostro di precocità) a 21. Dettagli a parte, Sinner è abbastanza in linea con due dei più grandi giocatori di tutti i tempi. «Il lavoro non è ancora finito», ha detto a Shanghai, consapevole che fermarsi sarebbe delittuoso. Jannik sa che restare il giocatore di oggi lo renderebbe facile preda per gli inseguitori, a partire da Carlos Alcaraz (che nei suoi confronti ha un vantaggio anagrafico). È il segnale più incoraggiante in vista del principale interrogativo: la longevità. Fino a oggi vanta numeri da capogiro, assimilabili a quelli delle leggende. Ma per tenere il loro ritmo dovrà restare su questi livelli per altri 10-12 anni. Il tema è questo: ci riuscirà? Per adesso, tutto fa pensare di sì. Jannik è troppo professionale, troppo dedito al lavoro, troppo focalizzato su quello che fa, per pensare che possa deragliare. Questo non significa che arriverà per forza in orbita 20 Slam o 100 titoli complessivi, perché gli imprevisti sono dietro l’angolo e sicuramente emergeranno nuovi avversari, nuove difficoltà, nomi che oggi sono sconosciuti. Però è ragionevole pensare che si manterrà su livelli estremamente alti, rivoluzionando completamente una storia – quella del tennis italiano – che ha già cambiato in un 2024 da capogiro. Un anno reso quasi paranormale dalla sua capacità di continuare a vincere nonostante la zavorra psicologica: la positività all’antidoping che gli ha causato notti insonni, azzerando la già scarsa predisposizione al sorriso in attesa del pronunciamento del CAS di Losanna dopo il ricorso WADA. Vincere in queste condizioni mentali è roba per pochissimi. Per leggende, appunto.
Credito fotografico: Atp Tour, instagram.