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Da Giro a Tour, sono dieci i nostri trionfi in maglia gialla, pronti a farne altri?

29.06.2023

Da sabato 1 a domenica 23 luglio si celebrerà l’edizione numero 110 in 121 anni, dal 1903 al 2023. Partenza da Bilbao, Spagna. Conclusione sui Campi Elisi a Parigi, Francia. Chi sono i nostri corridori?

Il rito Tour de France sta per compiersi come ogni estate. L’anno prossimo, per non accavallarsi con l’Olimpiade della Ville Lumiere e non ingolfare la Capitale a cinque cerchi, la sfida partirà ancora dall’estero – dall’Italia per la prima volta (Firenze) – per sublimarsi a Nizza, Costa Azzurra: ma quella sarà altra storia.

Torniamo al Tour dell’oggi, che per gli italiani è già da record: appena in 7 al via dai Paesi Baschi. Sono meno del numero dei “nostri” trionfi collezionati in maglia gialla (10), che pone l’Italia al quarto posto tra i 15 Paesi trionfatori dopo Francia (36), Belgio (18) e Spagna (12) di un libro d’oro pesantemente condizionato dalle squalifiche per doping di Lance Armstrong e Alberto Contador.

Li citiamo… tutti questi benedetti ambasciatori del Made in Italy del pedale 2023, perché passeranno alla storia in quanto componenti di una pattuglia così striminzita che per avere eguali, in negativo s’intende, costringe la memoria a rimontare al 1983: quarant’anni prima esatti. Chi sono gli eroi contemporanei cui tocca il compito di salvare la faccia del movimento dei “senza-Nibali”? Presto detto: Giulio Ciccone, fresco di matrimonio e ambiziosissimo; e poi il ripescato dell’ultimo momento Matteo Trentin al fianco del principino Tadej Pogacar; Giacomo Moscon all’accoppiata col Giro; Daniele Oss tutore del discolo Peter Sagan; Alberto Bettiol luogotenente di Richard Carapaz; Jacopo Guarnieri apripista di Caleb Ewan e Luca Mozzato che sarà costretto a mettersi in proprio ad ogni evidenza per non sfigurare.

Sono 7 su 176 nella corsa più importante al mondo, che – giusto per fare raffronti espliciti – rispetto al Giro ha budget 5 volte più grande e diffusione mediatica 10 volte più penetrante. Non c’è braccio di ferro tra Giro e Tour. Purtroppo. E a chi chiede di dare tempo ai giovani per far sì che crescano bene e nel… bene, rispondiamo con la media di età di questo Tour: 29 anni e tre/quarti con appena 20 over 35 e ben 23 under 25. E aggiungiamo che i fuoriclasse conquistano i grandi giri da ragazzi. È il livello medio che ci vede giù dal ring.

Dodici mesi fa si impose il danese Jonas Vingegaard (ora 26 anni) nei confronti del nuovo despota sloveno Tadej Pogacar (24), che arrivava da una doppietta da antologia. In un Tour sostenibile, nel senso che le tappe sono al di sotto delle medie contemporanee perché i chilometri dell’unica crono saranno il soffio di 22,4 rispetto ad un Giro troppo cronometroso e troppo montagnoso, tanto da finire per essere condizionato nello sviluppo e poi ferito dai corridori sia col taglio della Cima Coppi, sia con molte tappe-trasferimento.

Insomma, sta per scattare un Tour green in ogni senso: fresco, giovane, intrigante, coraggioso, sfrontato. Il futuro corre da Bilbao a Parigi. Accendiamo la televisione tenendo ben alto il volume e non abbassandolo come facemmo durante il mese di maggio anche se salperà con il pasticcio dei secondi di abbuono tagliuzzati ai traguardi volanti della prima tappa per scongiurare che il primo vincitore a braccia al cielo sia diverso dal primo padroncino della maglia gialla.

 

Credito fotografico:

Tour de France, Le Mont Saint Michel, France; Shutterstock

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