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Cronaca, Scienza e tecnologia, Società

Dal MIT, IA del sé che proietta il futuro

16.06.2024

Si chiama FutureYou ed è in grado di proiettarci nel futuro in un istante. Un metodo per indovinare i nostri errori, permettendoci di intervenire prima del tempo. I ricercatori affermano che conversare con il nostro sé futuro, generato dall’intelligenza artificiale, riduce l’ansia, le emozioni negative e aumenta la connessione con noi stessi.

Il MIT (Massachusetts Institute of Technology) ha sviluppato FutureYou, una chat AI interattiva con il nostro sé futuro, generato in tempo reale, che ci aiuta a sviluppare un pensiero e un comportamento per vivere meglio. In pratica il chat bot FutureYou ti dice come sarai in futuro in base alle informazioni, che tu stesso gli hai fornito, relative al tuo attuale stile di vita, suggerendoti le correzioni da apportare alle abitudini alimentari, di lavoro, di previdenza sociale, progettuali e così via.

Quelli del MIT, con Pat Pataranutaporn che collabora al progetto, tengono a sottolineare che il nostro sé futuro di FutureYou non è assolutamente un mago con la sfera di cristallo: piuttosto, FutureYou è la descrizione di una potenziale versione del futuro di noi stessi generata dalle nostre risposte a un sondaggio sul nostro stile di vita attuale. Non ci dice quando moriremo né se ci sposeremo con quella collega che ci piace tanto, ma in compenso ci fornisce un modello interpretativo realistico di quella che “potrebbe essere” la nostra vita futura. Insomma, la chiacchierata con il nostro sé più vecchio e più saggio ci dà degli input utili per raddrizzare le nostre eventuali storture di pensiero e di comportamento, per vivere possibilmente meglio nel lungo periodo.

Ma devo dargli i miei dati?, si chiederà il duo tremarella. Ebbene sì. E non solo. Anche gli aspetti della nostra vita, la cerchia delle nostre conoscenze, le nostre esperienze passate e le nostre aspirazioni future. E se la nostra foto profilo ha qualche ruga e qualche capello bianco, aspettiamoci quel che ci dobbiamo aspettare. Tutto questo è il prezzo da pagare affinché il chat bot dia una serie di indicazioni per vivere meglio e consigli grazie ai quali riflettere sulle conseguenze a lungo termine delle nostre scelte, incoraggiandoci a pensare positivo come cantava Jovanotti.

Qualcuno inizia a preoccuparsi? Ma il paper pubblicato dalla Cornell Univesity (arxiv.org) il 21 maggio scorso e firmato fra gli altri da Pat Pataranutaporn è promettente: la conversazione con il nostro sé futuro generato dall’intelligenza artificiale riduce l’ansia, le emozioni negative, aumenta la connessione con noi stessi e conclude dicendo cheQuesto è il primo studio che dimostra con successo l’uso di personaggi personalizzati generati dall’intelligenza artificiale per migliorare la continuità e il benessere futuri degli utenti”. È tutto molto yoga, è tutto molto mindfulness. Prima c’erano i libri di auto aiuto che trovavi all’autogrill, poi rimpiazzata dai copia/incolla dalla Wikipedia degli e-book. Oggi è tutto un po’ diverso e forse anche meglio. In fin del conto, i consigli di FutureYou non saranno tanto diversi da quelli che ti possono dare un frate, uno strizzacervelli o il medico di base: perché, in mezzo alle tante domande filosofiche che possiamo farci, al momento almeno due di esse continueranno ad essere senza risposta:

La prima: pur con il dovuto rispetto per il mio sé futuro generato dall’IA, Freud ci ha insegnato che il nostro io ha in realtà molti sé e se già noi, nella vita di tutti i giorni, fatichiamo a capire quale sia quello buono, quello vero, quello giusto, se mai ve ne fosse uno, figuriamoci se ci può riuscire un chatbot generato dall’IA, cioè da altri esseri umani, cioè da altri sé.
La seconda: Jean Paul Sartre, nel libro (di carta) “L’esistenzialismo è un umanismo”, riporta l’aneddoto di quel suo studente che lo ferma in corridoio per dei consigli di vita e che si sente rispondere dal professore che la sua domanda è inutile: se chiedi consigli a me, lo fai perché già mi conosci e quindi implicitamente già sai cosa ti dirò. Questo, a dimostrazione del fatto che, per quanti progressi possano compiere le reti neurali artificiali, l’uomo sarà sempre quel che è stato, cioè: solo e condannato (da solo) a progettarsi. E ora, diciamo tutti ciao al futuro: media.mit.edu/projects/future-you/overview/

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