9 Marzo 2025
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Cultura

Dieci Miniballetti oltre il tempo: Francesca Pennini a Rovereto

09.03.2025

Al Teatro alla Cartiera: corpo, dolore, droni, passato e speranza

Rovereto, 9 mar. (askanews) – Il corpo è senza dubbio un mistero, per quanto vicino a ciascuno di noi esso sia. Un mistero che conosciamo ogni giorno, di cui esploriamo l’esistenza e i limiti. Ma può essere anche una macchina del tempo, uno strumento per ragionare sul nostro passato e rimetterlo, per quanto possibile, in scena. Francesca Pennini è un’artista che ragiona sul corpo in ogni respiro e lo porta sul palco con un’attenzione tra il commovente e il maniacale. Il che la rende spesso straordinaria, ma non nasconde il dolore, che resta e ci accompagna. Rivedere dopo alcuni anni lo spettacolo “10 Miniballetti”, portato al Teatro alla Cartiera di Rovereto per inaugurare la rassegna “Sottoscritta” rappresenta un’occasione per prendere di nuovo confidenza con l’idea di corpo, con l’enorme stupore che certi esercizi di Francesca Pennini provocano. Ci si trova, in un contesto apparentemente ordinario e di teatro aperto, tipico dei lavori del CollettivO CineticO, a chiedersi come sia possibile assumere certe posizioni, si prende la misura del rischio segreto che si nasconde dietro ogni successivo e meraviglioso movimento coreografico. Si sente, soprattutto, il respiro dell’artista, il suo affaticarsi che diventa misura della realtà dello spettacolo, e della realtà nello spettacolo, che è altrettanto importante: sono anche queste forme d’arte, ovviamente, che contribuiscono a definire il talento e il teatro della Pennini.

Poi arriva il tempo, sotto forma di passato, di documentazioni, ma anche di narrazione. L’artista racconta – e tutto lo spettacolo è raccontato, il che fa da contrappunto alla Bach alla presenza e fisicità di ciò a cui assistiamo – del quaderno delle coreografie che teneva da bambina e che appare oggi come una infantile forma di condanna già scritta e ineludibile, come nel racconto di Kafka intitolato proprio “La condanna”, ma qui anziché portare il povero Georg Bendemann a gettarsi nel fiume, porta l’artista a diventare se stessa, o almeno a farci percepire fortemente questa possibilità, mentre tratteniamo il fiato seduti in platea. “10 Miniballetti” rimette in scena, con diverse possibili interpretazioni, queste ipotesi di coreografie di una bambina, e quella bambina ritorna insieme alla donna che è diventata e loro due sono presenti insieme sulla scena, ciascuna con le proprie preoccupazioni e ansie, ciascuna con le proprie distanze. Ma unite poi nel gesto della danza, che non sappiamo se salva davvero loro, ma, certamente, salva noi pubblico, offrendoci una forma astratta e inafferrabile, ma evidente, di speranza.

Ogni spettacolo del CollettivO CineticO è un misto di sensazioni: ci sono parti graniticamente durissime e altre di sorprendente levità, ci sono abissi e vette, niente è mai slegato, perché in fondo è la complessità di ogni persona ciò di cui si ragiona. Questi Miniballetti non fanno eccezione, neppure nel desiderio frolle di provare ad aggiustare ogni cosa, ben sapendo che non è possibile. Si sta come d’autunno, verrebbe da dire, e non c’è un seguito al verso, questa volta. Ma c’è la poesia, questa parola così bistrattata. E si manifesta anche quando, in uno stacco tra la prima e la seconda parte dello spettacolo, sulla scena restano sono solo un mucchio di piume e un drone che si solleva e, letteralmente, danza su una partitura classica, con una grazia così in contrasto con la sua stessa natura (o l’idea che ne abbiamo) da rendere quasi illuminante quello che vediamo. E le piume, mosse dal vento delle eliche dell’apparecchio, si liberano e danzano con esso. Potremmo pensare alla scena di Fantasia di Walt Disney, quando un mago Topolino fa ballare secchi e scope, ma potremmo anche solo pensare che c’è sempre qualcosa di inatteso e che la fortuna più grande è, ogni tanto, riuscire a coglierlo. In fondo, come il corpo e il cervello di Francesca, anche il drone danzante ci sta parlando di possibilità. E il suo rumore tecnologico si fonde con quello del respiro affannato dell’artista, ieri e oggi, diventando tutt’uno. Che il volo delle prime porta lontano. (Leonardo Merlini)

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