16 Gennaio 2025
Milano, 2°

Cronaca, Economia, Sostenibilità

Dipendenti dalle importazioni energetiche

13.12.2024

Quanto i Paesi UE dipendono dalle importazioni di energia? L’Italia presenta un dato preoccupante del 79,2%. Peggio di noi solo Paesi Bassi, Grecia e gli Stati di piccole dimensioni. Ma se si analizzano petrolio e derivati, il continente dipende quasi totalmente da altri. L’appello Cop29 per incentivare l’energia rinnovabile.

L’Italia è uno dei Paesi dell’area comunitaria più dipendenti dalle importazioni di energia, sebbene il problema riguardi l’intera Unione europea. Se n’è discusso alla ventinovesima conferenza delle parti (Cop29), tenutasi a novembre a Baku, in Azerbaijan, e in cui le discussioni si sono concentrate proprio sui delicati temi di produzione e consumo energetico nei diversi Paesi del Vecchio Continente.
Ciò che è emerso è che in Unione europea il 62,5% del fabbisogno energetico dipende dalle importazioni nette. Il dato è cresciuto in maniera importante nel 2022, dopo alcuni anni in controtendenza. Se infatti l’ultimo decennio ha visto i numeri salire costantemente dal 2013 al 2019 (quando si arrivò al 60,5%), il 2020 e 2021 coincisero con un calo fino ai più recenti balzi verso l’alto.

I Paesi dalla percentuale di dipendenza energetica più alta sono fatalmente i più piccoli, che non dispongono di risorse che sopperiscano alle esigenze della popolazione: si tratta infatti di Malta (99%), Cipro (92%) e Lussemburgo (91,3%). Alle loro spalle, però, compare quasi subito l’Italia. Il nostro Paese ha fatto rilevare un decisamente preoccupante 79,2%, dato inferiore ai soli Paesi Bassi (80,3%) e Grecia (79,6%) tra gli Stati membri dell’UE di grandi dimensioni. Chi è messo meglio in assoluto è invece l’Estonia (6,2%), che precede a grande distanza Svezia (26,8%) e Romania (32,4%).
Il quadro continentale è quindi complessivamente quasi sconsolante, dato che in ben 19 Paesi le importazioni nette coprono più del 50% della domanda. Tali cifre schizzano però alle stelle se si analizzano petrolio e derivati: qui le importazioni in tutta Europa sfiorano la totalità, dato che arrivano addirittura al 97,7%. Numeri molto simili per il gas naturale (97,6%) e situazione nettamente meno drammatica per le fonti fossili solide, che arrivano al 45,8% ma per cui la domanda interna sta diminuendo sempre di più.
Questi dati, raccolti da Eurostat, certificano da un lato le difficoltà complessive dell’Europa a garantirsi l’energia indispensabile per la propria economia e per la vita dei suoi cittadini, dall’altro quanto rapporti diplomatici e commerciali con l’estero e l’andamento della geopolitica siano aspetti che governi nazionali e sovranazionali non possono prendere sottogamba. A meno che, come si sta tentando di fare, non si dia una netta svolta a favore della produzione domestica di energia da fonti rinnovabili. Che poi è esattamente l’appello prodotto a margine della Cop29.

In tal senso, c’è da dire, qualcosa si è certamente già mosso. Ma ancora non basta. Nel 2022, contraddistinto dallo scoppio definitivo delle tensioni tra Russia e Ucraina, Eurostat ha rilevato un calo del 4,5% di energia lorda in tutta Europa, in particolare per quanto riguarda il fabbisogno di gas naturale (-13,3%). Quest’ultimo rappresenta ancora la seconda fonte più sfruttata nel mix energetico dietro ai prodotti petroliferi, ma le fonti rinnovabili stanno vivendo una non irrilevante crescita. Nel 2018, infatti, hanno per la prima volta superato il carbone e gli altri combustibili fossili solidi.

Condividi