15 Gennaio 2025
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Salute

Dopo 20 anni chi fuma ancora?

12.01.2025

Anche chi non ha perso il vizio, nel corso del tempo è riuscito a limitarlo. Il 10 gennaio 2005 entrava in vigore in Italia la Legge Sirchia. Il divieto di fumo al bar e al ristorante ha cambiato la vita delle persone, ma anche le abitudini di chi fuma ancora. Dati e identikit del fumatore di oggi.

Lo scenario sembrava all’epoca quasi irrealistico, ma nel frattempo sono trascorsi 20 anni e la situazione si è ribaltata: oggi ci sembra impossibile pensare che, fino al 10 gennaio 2005, era consentito fumare all’interno degli esercizi pubblici, a partire da bar, pub e ristoranti. E c’è da aggiungere che, rispetto ad allora, il rapporto dell’intera Italia con le sigarette è profondamente cambiato.
Il 10 gennaio 2005 fu infatti la data di entrata in vigore della Legge Sirchia (la n. 3/2003), passata alla storia proprio per la decisione di proibire le sigarette nei luoghi pubblici. E chi prima di quella data non c’era faticherà a crederlo, ma in Italia consumare un panino, una birra o anche una cena più elaborata senza una sottile coltre di fumo intorno al proprio tavolo è stato per decenni una chimera.

Le conseguenze si sono però viste nel corso del tempo, non limitandosi al (comunque importantissimo) rispetto nei confronti di chi non sopporta il fumo altrui. I dati dell’Istituto superiore di sanità (ISS) certificano che dal 2005 al 2023 l’Italia si è liberata di oltre un milione di fumatori (dai 12 milioni e 570 mila di vent’anni fa agli 11 milioni e 530 mila di due anni fa, il più recente di cui esiste una rilevazione). Questo significa che, come conferma l’Istat, nello stesso lasso di tempo gli italiani che hanno in tasca un pacchetto di sigarette è sceso dal 28,3% al 23,1%.
Anche chi non ha perso il vizio, però, nel corso del tempo è riuscito a limitarlo. Basti pensare che nel 2005 i fumatori italiani consumavano in media 14,6 sigarette al giorno, che nel 2023 sono diventate 12. Contemporaneamente, i nostri connazionali che superano il fatidico pacchetto al giorno (e quindi le 20 “bionde”) sono calati dal 10,1% al 4,7%. Chi riesce a non superarne 5 nell’arco di un’intera giornata è invece salito dal 15,4% al 24,1%.

L’Istat ha inoltre certificato un altro dato piuttosto interessante su chi fuma in Italia. I numeri vanno infatti in direzione praticamente opposta al crescere dell’età rispetto al titolo di studio conseguito. Per essere ancora più chiari: più si invecchia più è possibile che il vizio della sigaretta si accompagni a un’istruzione superiore, al contrario di quanto avviene per i più giovani.
Entrando nel merito di questa statistica: tra gli italiani di 25-44 anni, i fumatori che hanno conseguito la sola licenza elementare sono il 23,1%, la percentuale sale al 35,1% tra chi è arrivato alla licenza media per scendere al 27,0% tra i diplomati e precipitare al 18,3% tra i laureati. La forbice si restringe tra i 45-64enni (24,5% elementare, 26,4% media, 21,3% diploma e 15,4% laurea) pur mantenendo una tendenza simile. Si stravolge prepotentemente, però, per chi ha superato i 65 anni. Qui a consumare sigarette sono il 7,1% di chi si è fermato alle elementari e il 13,1% di chi è arrivato fino alle medie. Ma i numeri sono molto simili anche tra diplomati (12,1%) e laureati (12,8%).
E questo dimostra come, nel tempo, non solo la Legge Sirchia ma anche la sensibilizzazione abbiano funzionato. Soprattutto tra le nuove generazioni.

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