13 Ottobre 2024
Milano, 16°

Ambiente, Cronaca

Due facce della stessa medaglia

Il clima mette a dura prova la capacità dell’Italia di gestire due emergenze idriche a Nord e Sud totalmente opposte. Tra impianti vetusti e intoppi a livello amministrativo, si contano perdite del 42,4% dell’acqua immessa in rete, che avrebbe potuto colmare il bisogno di circa 43,4 milioni di persone all’anno. Occorrono investimenti e strategie macro.

La siccità in Italia ha raggiunto livelli preoccupanti tanto che sono ben 12 le regioni ad alto stress idrico, e il numero è destinato ad aumentare. La causa è da ricercare nell’innalzamento delle temperature e nella carenza di piogge soprattutto al centro-sud (mentre al nord la situazione è diametralmente opposta). Ma oltre alle condizioni climatiche, concorrono alla crisi di approvvigionamento idrico molte problematiche legate allo stato degli acquedotti. Tra impianti vetusti e intoppi a livello amministrativo, questi portano a una perdita del 42,4% dell’acqua immessa in rete.
L’ultima analisi Istat fa emergere dati tutt’altro che rassicuranti a proposito dello stato di salute degli acquedotti. In Italia vengono dispersi 3,4 miliardi di metri cubi d’acqua nella fase di distribuzione. Perdite che avrebbero potuto soddisfare le esigenze idriche di circa 43,4 milioni di persone per un intero anno e che invece vanno sprecate. Una situazione paradossale, in cui una risorsa preziosa e non infinita viene sperperata mentre la domanda di acqua potabile rimane elevata.
Una delle cause della dispersione d’acqua è lo stato degli acquedotti italiani la cui rete si sviluppa, includendo gli allacciamenti, per 500mila km. Il 60% di questi sono stati posati 30 anni fa, che diventano 50 nel 25% dei casi. Le condizioni in cui versano per buona parte sono pessime, sia per motivi “fisiologici” (è impossibile ridurre le perdite a zero) che per il deterioramento di condotte troppo vetuste. Sostituirli nella totalità sembra impossibile, sia per i costi insostenibili per il nostro Paese, sia per la stima improponibile sulle tempistiche. Non bisogna poi dimenticare i disagi dovuti a fattori amministrativi, riguardanti errori di misura dei contatori e usi non autorizzati, che contribuiscono ad aggravare una situazione già complicata.
Quella dell’approvvigionamento idrico è una sfida a cui sono chiamati tutti i Paesi del Mediterraneo, non solo l’Italia. E non è un problema relativo solo agli ultimi tempi se già negli Anni 90 il professor Antonio Zichichi aveva lanciato l’allarme.

Anche allora le cause erano note: l’inquinamento, certo, ma anche errori riguardanti la distribuzione. In quasi 30 anni la situazione non è molto cambiata nel nostro Paese nonostante gli investimenti riguardanti il settore idrico siano quasi raddoppiati nell’ultimo decennio. Sebbene un impulso significativo venga dal Pnrr, con circa un miliardo di euro in più stanziato attraverso la rimodulazione per ridurre le perdite, ciò non è sufficiente.
Se spetta allo Stato mettere in atto strategie macroscopiche che possano porre un argine al problema dell’approvvigionamento idrico, è compito di tutti assicurarsi di non contribuire agli sprechi. Bastano gesti piccoli come non lasciare il rubinetto aperto inutilmente, limitare la durata delle docce e fare lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico.
Non bisogna dimenticare poi che il 90% dell’acqua che utilizziamo è “nascosta”, ovvero impiegata nella produzione di cibi o beni di consumo. Anche scelte consapevoli in fatto di alimentazione e abbigliamento, dunque, possono portare benefici.

 

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