È piccola, nera e gialla, ronza e capisce il concetto di zero. E no, non è una nuova intelligenza artificiale tascabile, e nemmeno l’inizio di una barzelletta da bar. Semplicemente, è l’ape. E chi avrebbe mai pensato che un insetto potesse comprendere qualcosa che noi umani abbiamo impiegato secoli a elaborare? Il concetto di zero, di assenza, di nulla.
Una scoperta, questa, che arriva dal Royal Melbourne Institute of Technology, dove un gruppo di ricercatori ha addestrato delle api a scegliere immagini con meno elementi per ottenere una ricompensa. E dopo un po’ sono riuscite a riconoscere che nessuna figura era meno di due o tre. In altri termini, hanno capito lo zero.
Come sono arrivati i ricercatori a questa conclusione? Dapprima hanno mostrato alle api dei quadrati bianchi con due, tre o quattro figure nere, e se gli insetti avessero volato verso quelli con meno figure, avrebbero ricevuto una ricompensa. Poi hanno mostrato loro spazi bianchi senza figure. Ed ecco che i piccoli insetti hanno mostrato di capire il concetto di “niente”.
Ma questo è solo l’inizio. Perché a lungo, sbagliando, abbiamo creduto che il mondo degli insetti fosse fatto di istinto e automatismi: dietro occhi composti e zampette sottili, invece, si nasconde un’intelligenza diffusa, spesso funzionale, ma a tratti sorprendente.
La matematica delle api
Partiamo dalle api, le eroine più famose tra gli impollinatori. Già sapevamo che sono in grado di orientarsi in modo elaborato grazie alla celebre danza dell’addome, con cui comunicano alle compagne la posizione del cibo. Ma oltre il linguaggio, c’è la matematica. In un altro esperimento, infatti, alle api venivano presentati da uno a cinque oggetti, ciascuno di un colore che indicava se dovevano aggiungere o sottrarre uno. Il risultato? Sono riuscite a eseguire il calcolo, dirigendosi verso la risposta corretta.
Secondo Maurizio Casiraghi, biologo e autore di Vite formidabili intervistato da Focus, non dovremmo però meravigliarci troppo: “Ogni specie è intelligente a modo suo: se sopravvive ed è ben adattata, vuol dire che sa funzionare. Il punto è chiedersi perché sviluppa certe abilità”. E per le api il motivo è chiaro: capire quanta risorsa c’è e dove permette di essere più efficienti nella raccolta del nettare. Insomma, più conteggi, più cibo.
Vespe e scarabei: strateghe e astronomi
Se l’olfatto è il principale senso per molte specie di insetti, alcune vespe si distinguono per un uso “visivo” del riconoscimento. Per esempio, la polistes fuscatus, studiata dalla Cornell University, è in grado di riconoscere i volti delle compagne. La ragione? In queste colonie, dove convivono più regine, è essenziale tenere traccia delle rivali per mantenere gli equilibri di potere.
Altre vespe, come la polistes dominula, mostrano addirittura capacità logiche complesse: sanno eseguire inferenze transitive, tipo “se A batte B e B batte C, allora A batte C”. Sillogismi da scuola elementare. O meglio, da vespe esperte.
Ancora, anche gli scarabei stercorari, che rotolano palline di sterco nel deserto africano, riescono a stupirci. Essi si orientano non solo con il sole e con il vento, ma, come ha scoperto un team svedese, anche con la Via Lattea. Di notte, infatti, seguono la scia luminosa della nostra galassia per non tornare indietro e portare il loro bottino in salvo. Insomma, anche senza navigatore sanno dove andare
Memoria, società, emozioni
Ma non solo api, vespe e scarabei. Perché anche le formiche incarnano un esempio perfetto di intelligenza collettiva: in uno studio del Weizmann Institute, un gruppo di formiche si è dimostrato più efficiente degli umani nel coordinarsi per spostare un oggetto. E senza bisogno di parole. Alcune specie coltivavano funghi in giardini sotterranei, altre allevavano afidi, mungendoli per ottenere la melata zuccherina. E altre ancora praticano rudimentali cure mediche sulle compagne ferite. È puro pragmatismo? Forse. Ma ci si interroga anche su una possibile intelligenza emotiva primitiva, dove la cura dell’altro non è solo convivenza evolutiva.
E se pensate che un insetto valga l’altro, ripensateci. Anche tra le blatte americane, come ha dimostrato uno studio belga, esistono personalità: individui più timorosi, altri più intraprendenti. Eppure, alla fine, tutti trovano rifugio sotto lo stesso riparo: la pressione sociale.
Piccoli cervelli, grandi poteri
Ma com’è possibile tutto questo, con cervelli tanto piccoli? “Gli insetti hanno un sistema nervoso distribuito – spiega Casiraghi – Non solo un cervello centrale, ma gangli sparsi lungo tutto il corpo che elaborano informazioni in parallelo”. In altri termini, una specie di intelligenza modulare. E se i nostri occhi forniscono due immagini da fondere in 3D, gli occhi composti degli insetti restituiscono migliaia di input simultanei: serve un’enorme capacità di elaborazione per interpretare il mondo.
In quest’ottica, un esempio sorprendente è la mantide religiosa, l’unico insetto finora noto con una visione tridimensionale completa. Così completa che ha superato anche il test del cinema: in un esperimento, ha indossato minuscoli occhialini per guardare un film 3D di una preda in movimento. E ha reagito di conseguenza.
Dunque, se c’è una lezione che gli insetti ci insegnano, è questa: l’intelligenza non si misura in centimetri di cervello, ma in capacità di adattamento, apprendimento e cooperazione. E sottovalutare queste minuscole creature è un errore. E se vi capita di vedere un’ape su un fiore o una formica che corre per strada, non penserete più solo a un insetto, ma a un piccolo genio in missione.