13 Ottobre 2025
/ 13.10.2025

È il giorno degli ostaggi

Ostaggi_ Israele

Dopo 737 giorni di prigionia, i venti cittadini israeliani detenuti da Hamas sono tornati a casa. È una svolta che accende una speranza lungo il confine mediorientale anche se la tregua mediata da Stati Uniti, Egitto e Qatar resta fragile. Mentre Israele festeggia, quasi 2 mila palestinesi sono in attesa di essere liberati

Ambulanze e mezzi militari hanno scortato tutti e venti gli ostaggi israeliani, liberati da Hamas, verso gli ospedali di Tel Aviv, mentre migliaia di persone attendevano il loro ritorno tra lacrime e applausi. Dopo due anni di prigionia, la loro liberazione segna un momento simbolico per Israele e per le famiglie coinvolte, ma la tregua mediata da Stati Uniti, Egitto e Qatar resta fragile.

La liberazione, avvenuta il 13 ottobre 2025, si è svolta in due fasi. Il primo gruppo di sette ostaggi è stato consegnato da Hamas alla Croce Rossa a Gaza. Successivamente, il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha trasferito i prigionieri alle forze israeliane dell’Idf e dello Shin Bet, che li hanno scortati verso un punto di accoglienza vicino a Re’im e poi in ospedali a Tel Aviv per i controlli medici. Poco dopo è arrivato il secondo gruppo, composto da tredici ostaggi prelevati a Khan Younis, nel sud della Striscia.

Con la consegna dell’ultimo gruppo, per la prima volta dal 2014 non risultano più ostaggi viventi in mano a Hamas. Il rilascio è parte dell’accordo di cessate il fuoco mediato a più livelli da Washington, Il Cairo e Doha, che prevede anche la liberazione di quasi 2 mila prigionieri palestinesi.

Gioia e cautela in Israele

In Israele, la notizia ha scatenato scene di commozione. Migliaia di persone si erano radunate nella “Piazza degli Ostaggi” di Tel Aviv in attesa dell’annuncio ufficiale. Le immagini dei familiari che si abbracciano hanno fatto il giro del Paese, simbolo di un sollievo collettivo a lungo rimandato. Ma accanto alla gioia riaffiora anche il dolore: molte famiglie chiedono ora il ritorno dei resti dei 28 ostaggi morti durante la prigionia.

Non mancano le voci critiche. Alcuni deputati della destra religiosa, come SimchaRothman del partito Sionismo Religioso, hanno definito l’accordo “una concessione prematura”, sostenendo che la priorità dovrebbe restare “la resa totale di Hamas”.

Lo scambio di prigionieri e la crisi umanitaria

In base all’intesa, Israele rilascerà nel corso della giornata circa 1.700 prigionieri palestinesi e 250 condannati all’ergastolo. La misura rientra nelle condizioni poste da Hamas per consentire il ritorno degli ostaggi.

La tregua, in vigore da venerdì, ha permesso la ripresa dei convogli umanitari verso Gaza, dove la situazione resta drammatica. Secondo le Nazioni Unite, la crisi alimentare si è aggravata e gran parte della popolazione non ha accesso a cure mediche o servizi di base. Migliaia di sfollati hanno cominciato a rientrare lentamente verso Gaza City, tra le macerie e i resti delle abitazioni distrutte.

Trump in Israele: “La guerra è finita”

La giornata del rilascio è coincisa con l’arrivo del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, all’aeroporto Ben Gurion. Accolto dal premier Benjamin Netanyahu e dal presidente Isaac Herzog, Trump ha parlato alla Knesset, dichiarando che “la guerra è finita” e lodando l’accordo come “un passo verso una nuova stabilità regionale”. Durante il suo passaggio a Gerusalemme, sostenitori e curiosi lo hanno salutato come “il presidente della pace”, indossando cappellini rossi con lo slogan del suo piano diplomatico.

Non tutti, però, condividono l’ottimismo. La parlamentare OritStrock ha invitato il presidente americano a “non confondere una tregua temporanea con la fine di Hamas”, mentre l’opposizione israeliana ha sottolineato il rischio di “un fragile equilibrio costruito sul dolore di entrambe le parti”.

Vertice internazionale a Sharm el-Sheikh

Mentre Israele celebra il ritorno degli ostaggi, oggi a Sharm el-Sheikh si tiene un vertice internazionale presieduto da Donald Trump e dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, con l’obiettivo di consolidare la tregua e garantire sostegno politico e legittimazione internazionale al piano di cessate il fuoco. Alla cerimonia partecipano i leader di circa venti Paesi, tra cui Emmanuel Macron, KeirStarmer, Recep Tayyip Erdogan, Giorgia Meloni, Pedro Sanchez, Mahmoud Abbas e i vertici dell’Onu e dell’Unione Europea.

Gli unici assenti sono i membri di Hamas, impegnati nel completamento della prima fase dell’accordo: il rilascio degli ostaggi e la liberazione dei prigionieri palestinesi. Trump ha dichiarato che “in linea di massima c’è consenso” sulle fasi successive, pur ammettendo che “alcuni dettagli devono ancora essere definiti”.

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