20.05.2023
Emergenza alluvioni da bollettino di guerra, tre geologi denunciano le falle nella prevenzione idrogeologica
Siamo un Paese a forte rischio alluvioni, come dimostra quanto avvenuto in Emilia-Romagna, eppure non si tiene conto della situazione a ridosso delle aree fluviali.
Il primo bilancio è già un bollettino di guerra: 14 morti, oltre 35mila persone evacuate, centinaia di strade interrotte, trecento frane, una quarantina di Comuni sotto assedio, 25 tra fiumi e torrenti esondati, località senza corrente e corsa contro il tempo alla ricerca dei dispersi. Tra le province di Ravenna, Cesena e Forlì, in una manciata di ore, è caduta l’acqua di sei mesi. Per far fronte all’emergenza in campo c’è una task force composta da uomini della Protezione civile, Vigili del Fuoco, Polizia di Stato, Esercito, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia locale e tanti volontari, giunti da ogni parte d’Italia.
Sul fronte politico per martedì prossimo, il 23, è previsto un Consiglio dei Ministri straordinario dove verranno presi i primi urgenti provvedimenti. All’ordine del giorno ci sarà un decreto-legge con i primi stanziamenti e con la sospensione o proroga dei termini fiscali, contributivi, giudiziari e di altro tipo. Nel frattempo, l’Arera (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, ndr), ha approvato la sospensione del pagamento di bollette e avvisi di pagamento di acqua, rifiuti, luce e gas a favore delle popolazioni vittime degli eventi metereologici. Pur non essendo tempo di polemiche, alta si è alzata la voce di esperti e scienziati sull’ennesimo episodio che ha messo in ginocchio un altro vasto territorio del nostro Paese.
Per Mario Tozzi «non si tratta di fenomeni inaspettati. Il cambiamento climatico – ha dichiarato all’Ansa – ha come conseguenze periodi di siccità estreme e periodi di perturbazioni a carattere violento: due facce della stessa medaglia. E poi – continua – si è costruito l’incostruibile su aree fluviali e ci si lamenta se l’acqua entra nelle case. Bisogna agire sulle cause e servirebbe un po’ di cultura geologica da parte degli amministratori».
Sulla stessa lunghezza d’onda Massimiliano Fazzini, responsabile del team Rischio climatico della Società italiana di geologia ambientale e professore di Rischio Climatico all’Università di Camerino – che dà bacchettate a politici e istituzioni, ma anche un sonoro rimprovero agli ambientalisti. I primi rei di aver permesso per anni una cementificazione selvaggia del territorio mentre i secondi colpevoli di aver avuto posizioni troppo “talebane” che «hanno impedito di fare qualsiasi cosa».
Dal suo profilo social, non manca di tirare le orecchie anche ai suoi colleghi geologi che, a suo parere, «dovrebbero iniziare a studiare un po’ di idrologia e climatologia».
«Negli ultimi 50 anni – tuona – si é costruito lungo gli argini dei fiumi. Facendo così sono aumentati i pericoli per le popolazioni e gli insediamenti realizzati a ridosso. Inutile negarlo: la colpa è solo nostra e ogni volta piangiamo morti senza che, l’ennesima e tragica esperienza, ci abbia insegnato qualcosa». Fazzini non ha dubbi: la situazione attuale è certamente conseguenza dei cambiamenti climatici in atto ma, soprattutto, il vero colpevole è la cementificazione indiscriminata e l’aver costruito dove una volta nessuno mai l’avrebbe fatto. E poi anche una proposta: «Visto che il Pnrr destina all’ambiente solo il 3 per cento delle risorse, sarebbe il caso di rivedere questa quota visto che l’Italia è tra i maggiori Paesi a rischio idrogeologico».
Per Andrea Moccia, geologo e divulgatore scientifico, si dovrebbe lavorare sulla prevenzione. «Prevenzione intesa come mentalità – ammette il ricercatore dalla sua seguitissima pagina di divulgazione scientifica Geopop – Agire da subito essenzialmente nelle scuole. A partire dalle Elementari si dovrebbe già insegnare il significato di rischio ambientale e idrogeologico, sismico e anche vulcanologico perché siamo in un Paese ad alto, altissimo rischio. Di conseguenza abbiamo bisogno di una mentalità rivolta proprio alla prevenzione».