L’Unione Europea fa marcia indietro allo stop alla vendita di auto con motori termici a partire dal 2035. Non servirà più azzerare le emissioni, basterà ridurle del 90%. Sembra poco, ma questo apre uno spiraglio che rischia di diventare un varco molto più ampio che poterà a nuove concessioni, sempre nel segno della “neutralità tecnologica”. Quella arrivata da Bruxelles era una marcia indietro attesa e che è parte del trend in atto di ammorbidimento, se non smantellamento, di alcuni dei capisaldi del Green Deal, la normativa del 2019 che è stata travolta dal combinato disposto Covid-guerra in Ucraina-crescita dei partiti sovranisti e conservatori che da sempre hanno in odio le norme green. È un’altra Europa, con valori e priorità diversi, e questi sono i risultati.
Le nuove regole
Nel dettaglio, la Commissione propone che, dal 2035 in poi, le case automobilistiche dovranno rispettare un obiettivo di riduzione delle emissioni allo scarico del 90%, mentre il restante 10% delle emissioni dovrà essere compensato attraverso l’utilizzo di acciaio a basse emissioni di carbonio prodotto nell’Unione, oppure da e-fuel e biocarburanti. “Ciò consentirà ai veicoli ibridi plug-in (Phev), ai veicoli con range extender, ai mild hybrid e ai veicoli con motore a combustione interna di continuare a svolgere un ruolo anche dopo il 2035, oltre ai veicoli completamente elettrici (EV) e a idrogeno”, ha sottolineato la Commissione.
“Ciò non significa”, ha detto Stéphane Séjourné, vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Prosperità e la Strategia Industriale”, una retromarcia dell’Ue rispetto alle ambizioni ambientali. L’Europa sta mettendo in discussione il suo obiettivo climatico? La risposta è no. L’Europa sta confermando il suo percorso di decarbonizzazione entro il 2035 per l’industria automobilistica. È un percorso chiaro che è stato mantenuto e recepito. Tuttavia, i metodi di calcolo stanno cambiando. Le flessibilità che stiamo introducendo non mettono in discussione questo obiettivo. Eventuali emissioni aggiuntive generate da queste flessibilità dovranno essere completamente compensate a monte. Queste flessibilità copriranno fino al 10% delle emissioni entro il 2035″.
L’aggiustamento è relativamente ampio. Oltre alla soglia abbassata al 90%, prima del 2035, le case automobilistiche potranno beneficiare di ‘supercrediti’ per le piccole auto elettriche a prezzi accessibili prodotte nell’Unione europea. Viene poi prevista un’ulteriore flessibilità per il segmento dei furgoni, dove la diffusione dei veicoli elettrici è stata strutturalmente più difficile, con una riduzione dell’obiettivo di emissioni di CO2 per i furgoni entro il 2030 dal 50% al 40%.
La proposta include una modifica mirata alle norme sulle emissioni di CO2 per i veicoli pesanti, “con una flessibilità che faciliti il rispetto degli obiettivi del 2030”. Per quanto riguarda le flotte aziendali, gli obiettivi sono stabiliti a livello di Stato membro per sostenere la diffusione di veicoli a zero e basse emissioni. In Italia, l’obiettivo per la quota combinata di veicoli aziendali a zero e basse emissioni, dal 2030, è del 40% e l’obiettivo minimo per la quota di veicoli a zero emissioni, dal 2030, è del 36%. L’obiettivo per la quota combinata di veicoli a zero e basse emissioni, dal 2035, è del 95% e l’obiettivo minimo per la quota di veicoli a zero emissioni, dal 2035, è dell’80%. Per i furgoni, le percentuali sono, rispettivamente, del 40%, del 36%, del 95% e dell’80%.
🚗⚡The Automotive Package is a pragmatic low-carbon path.
— Internal Market, Industry, Entrepreneurship & SMEs (@EU_Growth) December 16, 2025
How:
✂️cutting red tape
💪strengthening EU industry
🇪🇺backing clean tech made in Europe
✔️ €700m/year saved via the Automotive Omnibus
✔️ €1.8bn Battery Booster for EU-made batteries
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Per sostenere la transizione, l’Ue finanzierà con 1,8 miliardi di euro il Battery Booster volto a sostenere lo sviluppo di una catena del valore delle batterie interamente prodotta nell’Ue. Nell’ambito del Battery Booster, 1,5 miliardi di euro sosterranno i produttori europei di celle tramite prestiti senza interessi. Ulteriori misure politiche mirate sosterranno gli investimenti, creeranno una catena del valore europea delle batterie e favoriranno innovazione e coordinamento tra gli Stati membri.
Queste misure miglioreranno la competitività dei costi del settore, garantiranno le catene di approvvigionamento a monte e una produzione sostenibile e resiliente nell’Ue, contribuendo a ridurre i rischi derivanti dai principali attori globali. L’Automotive Omnibus ridurrà gli oneri amministrativi e i costi per i produttori europei, aumentando la loro competitività globale e liberando risorse per la decarbonizzazione. La Commissione stima che le imprese risparmieranno circa 706 milioni di euro all’anno, portando i risparmi amministrativi derivanti da tutti gli omnibus e dalle iniziative di semplificazione presentate finora dalla Commissione a circa 14,3 miliardi di euro all’anno.
La Commissione vede il bicchiere mezzo pieno
Per Bruxelles, il Pacchetto Automotive definisce “un quadro politico ambizioso ma pragmatico per garantire la neutralità climatica e l’indipendenza strategica entro il 2050, offrendo al contempo maggiore flessibilità ai produttori”. “Lo scorso marzo – ha sostenuto Stéphane Séjourné, vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Prosperità e la Strategia Industriale – abbiamo affermato che l’industria automobilistica era a rischio di estinzione a causa del calo dei volumi e delle quote di mercato e della perdita di valore aggiunto in Europa. E ora stiamo presentando un pacchetto di misure a sostegno del nostro settore automotive. L’ambizione è triplice: coniugare industria, clima e l’ambizione politica di rendere la transizione un successo, soddisfacendo al contempo le aspettative dei consumatori, e questo è un elemento chiave per affrontare le sfide del settore automobilistico”. Ma con ogni probabilità questo è solo l’inizio del “riaggiustamento”. “Abbiamo una traiettoria – ha ammesso Séjourné – che va messa a punto. Sono possibili ancora cambiamenti che si accompagnano alla trasformazione della filiera”. Come a dire che se lo scenario geopolitico e industriale dovesse chiedere ulteriori aggiustamenti le istituzioni europee non si tireranno indietro. Pochi hanno dei dubbi che, una volta aperta una breccia, sarà così. Gli “aggiustamenti” non finiscono qui.
L’industria vuole di più
La principale Federazione automobilistica tedesca, la VDA, ha definito “disastroso” il piano dell’Unione Europea a sostegno del settore, deplorando i “nuovi requisiti” imposti ai produttori. “La proposta di Bruxelles, che ha abbandonato l’obbligo per le case automobilistiche di passare ai veicoli completamente elettrici entro il 2035, ha il merito di riconoscere l’apertura tecnologica – ha affermato Hildegard Müller, presidente della VDA, in una conferenza stampa – ma è piena di così tanti ostacoli che rischia di essere inefficace nella pratica”. Dura anche Confindustria. “Una mezza svolta è troppo poco. Noi con una mezza curva facciamo gli incidenti. Non ci servono: quando si va in strada o si fa la curva o si va dritti”, ha affermato il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, parlando delle novità sull’auto annunciate dalla Commissione Ue.
With the publication of the “automotive package”, the @EU_Commission has made a first step to creating a more pragmatic and flexible pathway to align decarbonisation with #competitiveness and resilience objectives.
— ACEA (@ACEA_auto) December 16, 2025
Today’s proposals rightly recognise the need for more… pic.twitter.com/ZEB4zELQ9O
Più prudente l’Acea, l’associazione dei produttori europei. Il “Pacchetto Automotive” rappresenta il primo passo importante verso la modifica della normativa sulle emissioni di CO2 per Auto e furgoni. Le proposte odierne riconoscono giustamente la necessità di maggiore flessibilità e neutralità tecnologica per garantire il successo della transizione verde. Così l’Acea, in una nota. “Si tratta di un cambiamento radicale rispetto alla normativa vigente”, ha dichiarato Sigrid de Vries, Direttore Generale di Acea, l’Associazione Europea dei Costruttori di Automobili. “Tuttavia, il diavolo può nascondersi nei dettagli. Ora analizzeremo il pacchetto e collaboreremo con i colegislatori per rafforzare in modo decisivo le proposte, ove necessario”. A prima vista, prosegue l’Acea, il pacchetto necessita di misure più incisive per facilitare la transizione nei prossimi anni. Senza un’azione urgente sulle flessibilità per auto e furgoni entro il 2030 – la pietra miliare che si raggiungerà tra quattro anni – un’azione entro il 2035 potrebbe avere un effetto limitato. Inoltre, imporre rigide condizionalità a vari elementi del pacchetto potrebbe avere un effetto controproducente sulla tecnologia”.
