27.06.2023
In compagnia del Commissario Montalbano il turista si appropria della rappresentazione concreta di una realtà astratta o ideale. Mentre il personaggio letterario e poi televisivo diventa volano per imprese ricettive nel rilanciare ex novo un’intera zona depressa della Sicilia meridionale e trasformarla in un brand, “la terra di Montalbano”.
Terra di contrasti ed eccessi, ma pure di radiosa visionarietà. Sullo sfondo di un paesaggio che asseconda uno spazio sospeso, sul carro di letteratura e poesia contro miserie terragne inchiavardate nel sopruso. La Sicilia serba nell’intimo abitudini, costumi e quella voglia d’esteriorità spagnolesca che vanno ad innervare la teatralità di gesti baroccheggianti, tappeto volante del parlare, argomentare, scavare, cavillare, difficilmente trasformatisi in progetti concreti, in quest’isola mai abbastanza isola, dove tutto si muove restando immobile. La scena perfetta (del delitto?), in definitiva, in cui agisce da oltre vent’anni, Salvo Montalbano, già fulcro nei romanzi di Andrea Camilleri, eppoi “eroe” della serie televisiva, al punto che, perso l’aggancio con i testi di partenza, ha cominciato a confondersi con gli oggetti e la gente.
Arrivi qui e lo straniamento prende corpo. La luce ti abbaglia al pari delle bellezze. Da Ragusa a Modica, verso Scicli e il mare, secondo l’itinerario Unesco, i muretti a secco, le masserie di pietra, i cupoloni fanno a gara con i balconi dalle ringhiere panciute, con scalinate adornate di statue e con palazzi nobiliari dagli stemmi scolpiti nel calcare morbido dei monti Iblei. Comprendi che il Commissario viene trattato come persona vera e ripercorri i suoi passi lungo via Francesco Mormina Penna, la strada-salotto di Scicli, in quello scrigno prezioso che è la Val di Noto. Sei a Montelusa (nome di fantasia), e non lo sai. Chiedi come raggiungere il commissariato dove la squadra del “nostro” opera insieme a Mimì Augello, Fazio e il farfugliante Catararella, ma i non so predominano. Poi, scopri che il set dove si svolgono le indagini (nella Vigàta inventata) è riconducibile al Comune di Scicli, e ha ormai preso posto al piano terra, mentre il sindaco (vero) ha lasciato la sua stanza al piano alto, per cederla al questore della falsa Montelusa. Un bel ginepraio, ma al turista che arriva fin qui non interessa la realtà.
È totalmente rapito dalla fiction: «Vedi, qui, nella Chiesa di Santa Maria delle Scale è stato girato l’episodio de ‘Il gatto e il cardellino’». L’unica cosa certa è che Camilleri, abbia impiantato Piazza e Duomo di San Giorgio della sua Vigàta, proprio nell’agglomerato settecentesco sul colle svettante di Ragusa Ibla. «E se raggiungessimo Salvo nella sua bellissima casa con terrazza affacciata sulla spiaggia di Marinella?». In realtà è Punta Secca, frazione di Santa Croce di Camerina, nel ragusano, inquadrata dietro le bracciate mattutine del commissario, ed ora è un bed & breakfast. Si può dormire dove lui dorme, mangiare dove lui mangia (i famosi arancini), e realizzare il sogno di vivere in un posto con il marchio insostituibile del format tv.
Le immagini caratterizzate da autenticità o da mistificazione, producono emozioni generatrici di motivazioni, quindi comportamenti. E pazienza se le stesse “possano essere assassine” del reale (Baudrillard), starà pensando il Commissario caporasato Zingaretti, tra indagini complicate, buon cibo, vino e donne seducenti, perché abusivismo edilizio, degrado paesaggistico in questa sua terra edulcorata quasi non esistono e con la criminalità vengono fagocitati da una costruzione mediatica del luogo. Dalla veranda, rimirando il mare, tra un caffè bollente e un cannolo, sa che il pellegrinaggio laico nei luoghi di Vigàta, realtà immaginaria parallela di una Sicilia più bella e meno complicata, continuerà, e molti la sogneranno inseguendola attraverso le immagini del Commissario. Montalbano, sono!
Credito fotografico:
Punta Secca, Italia, 2021, casa dell’ispettore Montalbano; Shutterstock