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Cronaca, Istruzione

Facoltà di Medicina più inclusiva, finita l’era del numero chiuso?

01.05.2024

Approvata al Senato la riforma che rivoluzionerà l’ingresso alle facoltà di Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Veterinaria. Ma ancora non si può parlare di numero aperto. Tutto si decide dopo il primo semestre in base al fabbisogno di medici stimato dal Sistema Sanitario Nazionale. Approfondimento e risposte.

Di abolire il numero chiuso a Medicina se ne parla ormai da diverso tempo, e proprio in questi giorni il Comitato ristretto della Commissione Istruzione del Senato ha votato con larghissima maggioranza una ambiziosa riforma per il sistema d’accesso al corso di laurea in questione. Ogni anno, infatti, gli aspiranti camici bianchi, secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, sono oltre 79.000, ma i posti a disposizione sono poco meno di 20.000. Ma che cosa cambierà?

Una delle modifiche più rilevanti riguarda l’abolizione del tradizionale test d’ingresso: l’iscrizione al primo semestre dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Veterinaria sarà libera. Il che non significa che l’accesso sarà privo di criteri: gli iscritti, infatti, dovranno superare una serie di corsi propedeutici nel primo semestre e superare gli esami. È dunque finita l’era del numero chiuso? Non proprio. Anzi, niente affatto. Studenti e studentesse si iscriveranno a un semestre aperto condiviso con le aree di studi biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria al termine del quale dovranno sostenere gli esami. Dopo di che, chi li avrà superati, potrà accedere a un test nazionale, un test con quiz a risposta multipla basato sulle conoscenze apprese. Per avanzare al semestre successivo, dunque, sarà necessaria una “collocazione in posizione utile nella graduatoria di merito nazionale”, anche se resta ancora da chiarire come questa graduatoria verrà compilata.

Allora quanti aspiranti medici effettivi ci saranno? Anche questo punto non è ancora del tutto chiaro: il numero di iscrizioni al secondo semestre sarà determinato in base al fabbisogno di medici stimato dal Sistema Sanitario Nazionale, garantendo un allineamento con le esigenze delle scuole di specializzazione e cercando di evitare il sovraffollamento dei corsi di laurea. E chi non riesce ad accedere alla “seconda fase”? Niente va perduto: i crediti universitari acquisiti nel primo semestre saranno comunque riconosciuti, e studenti e studentesse avranno la possibilità di continuare il percorso in uno dei corsi di laurea di area, senza perdere il lavoro svolto fino a quel momento. Sulla base di quale criterio? La riforma prevede che al momento dell’iscrizione al corso di medicina gli iscritti e le iscritte indichino una “seconda scelta” all’interno dell’area che potrebbe diventare la loro destinazione finale. Se invece decideranno di cambiare area, perderanno i crediti acquisiti.

Se tra gli esperti del settore c’è chi esulta per questa nuova riforma, vedendola come la realizzazione di una promessa fatta da tempo, c’è però chi non la vive con lo stesso entusiasmo, sollevando dubbi e preoccupazioni in merito al futuro lavorativo dei laureati (saranno troppi?) e le conseguenze sul sistema di cure pubblico. Dunque, l’accesso alla formazione medica sarà davvero più inclusivo e trasparente e, soprattutto, di qualità?

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