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Cultura

“Femminile sovrasteso”, cosa direbbe Dante?

03.06.2024

Docenti linguistici italiani intendono sottoscrivere una petizione per riportare la decisione dell’ateneo tridentino di eliminare il “maschile sovraesteso” all’attenzione del Governo e dei Ministri, chiedendo loro un parere sulla vicenda. Dante sarà d’accordo?

All’Università di Trento il Regolamento accademico è scritto usando il femminile sovraesteso come soluzione linguistica inclusiva: è la prima volta che viene adottata questa scelta per la redazione di un documento istituzionale. Anche l’Accademia della Crusca si è espressa sull’iniziativa.

La parità di genere si raggiunge prima di tutto con le parole e la lingua, che non è immutabile, sarà sempre capace di adattarsi al cambiamento culturale. In concomitanza con una sempre maggiore attenzione per le questioni riguardo le differenze di genere, i diritti civili, il femminismo, anche sulla lingua e sul linguaggio si discute ampiamente, in quanto parte costituente dei processi e veicolo di espressione di idee. Sebbene il dibattito attorno alle asimmetrie linguistiche abbia assunto una forma strutturata fin dagli anni ’80, con Alma Sabatini. Si parla spesso di linguaggio sessista perché androcentrico e della necessità di adottare un codice linguistico che sia più inclusivo, cioè capace di rappresentare tutte le categorie di persone. Le soluzioni alternative sperimentate oggi sono diverse:

la scelta di declinare i termini sempre in entrambi i generi (studenti/studentesse, amici/amiche…), oppure l’uso di alcuni segni grafici utili a non specificare nessun genere, come l’asterisco, l’uso dello ə (schwa), della @, della u, e così via. In questo panorama, la novità che più ha sorpreso, e ha fatto anche discutere, arriva dall’Università di Trento, la quale ha reso noto, il 28 marzo scorso, che il nuovo Regolamento generale di Ateneo è stato scritto adottando il “femminile sovraesteso”.

La norma grammaticale italiana prevede l’estensione del genere maschile anche in funzione non marcata. Si parla, quindi, di “maschile sovraesteso”: significa che, quando bisogna indicare un gruppo misto all’interno dell’enunciato, va utilizzato il maschile. La questione riguarda anche l’uso di termini tradizionalmente declinati al maschile per indicare molte professioni (avvocato, ingegnere, medico, architetto, ministro…) anche nei casi in cui il riferimento è a una donna. Invece, adesso l’Università di Trento ha deciso di abbandonare questa regola grammaticale e usare solo il genere femminile per indicare tutti e tutte. Nel comunicato stampa si legge che si tratta di una scelta che ha «una valenza fortemente simbolica e che segue altre decisioni in questo senso intraprese dall’Ateneo a partire dal 2017».

Il rettore Flavio Deflorian ha chiarito che «per rendere tutto più fluido e per facilitare la fase di confronto interno, i nostri uffici amministrativi hanno deciso di lavorare a una bozza declinata su un unico genere. Hanno scelto quello femminile […]». Dunque, all’interno del Regolamento si leggerà la presidente, la direttrice, le professoresse (etc.): tutte le cariche saranno declinate al femminile, anche quando il riferimento è a un uomo. L’iniziativa è stata oggetto di polemiche e su di essa è stata lanciata una petizione, lo scorso 10 aprile. Il suo primo promotore è Massimo Arcangeli, docente di linguistica italiana e saggista, che, insieme a tutti quelli che sottoscriveranno la petizione, vuole riportare la decisione dell’ateneo tridentino all’attenzione del Governo e dei Ministri, chiedendo loro un parere sulla vicenda. Nel frattempo, anche l’Accademia della Crusca ha espresso il proprio pensiero, in risposta alla richiesta di chiarimento pervenuta da una utente. Nel lungo articolo, firmato dal linguista Claudio Marazzini, leggiamo «Una cosa è l’adozione del femminile sovraesteso in un intervento di natura polemica, orale o anche scritto; cosa diversa è l’impiego generalizzato del femminile in un documento ufficiale». E rispetto alla volontà di fare una scelta inclusiva, Marazzini scrive «Non esiste valida argomentazione logica per affermare che il femminile sovraesteso sia da considerare inclusivo, sia perché esclude il genere maschile, e pertanto inclusivo non è e non può essere, sia perché di fatto opacizza la stessa presenza del femminile».

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