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Cronaca, Scienza e tecnologia

Floppy disc, i bei tempi sorprendono ancora

10.07.2024

Quella che Steve Jobs introdusse nel suo Macintosh al lancio del computer che destò meraviglia, era una volta onnipresente nell’informatica. In tempi di cloud, Stati Uniti e Giappone, nonostante la loro avanzata tecnologia, tengono ancora una tradizione rimasta legata ai floppy e ad altre tecnologie vecchie come fax e contante.

In tempi di cloud sembra ancora impossibile che esistano ancora i floppy disc, eppure è assolutamente vero. Tanto che il governo giapponese è dovuto intervenire per eliminare ogni regolamento che ne richiedeva l’uso per scopi amministrativi, 13 anni dopo che i produttori nazionali avevano fabbricato le loro ultime unità. Inventato negli Anni ‘70, la prima unità di archiviazione esterna – quella che Steve Jobs introdusse nel suo Macintosh al lancio del computer che destò meraviglia – era una volta onnipresente nell’informatica, ma è stato via via sostituito, prima dalle chiavette USB e poi appunto dall’archiviazione sulla nuvola. La notizia insomma è che il Giappone nonostante la sua avanzata tecnologia, sia ancora rimasto legato ai floppy e ad altre tecnologie vecchie come fax e contante.

Il cambiamento, infatti, è iniziato solo due anni fa, quando il ministro digitale Taro Kono, in risposta a un cartellone pubblicitario americano che li collegava alla necessità di uno screening per il cancro, rispose sui social media «no, non necessariamente nel nostro Paese». Il problema però è che la rottamazione necessita di tempo e soldi: varie attività — dalle miniere ai negozi di liquori — devono ancora usare i dischi floppy per documenti regolatori, e nonostante Sony avesse smesso di produrre dischi nel 2011, oltre 1.000 leggi continuavano ancora a richiederne l’uso. Così Kono ora ha dichiarato che tutte queste regolamentazioni sono state abrogate e l’ultima norma, riguardante il riciclaggio dei veicoli usati, è stata eliminata il 28 giugno.

Tuttavia, alcuni settori giapponesi non sono pronti ad abbandonare i floppy disc. L’industria tessile tradizionale a Kyoto, ad esempio, utilizza ancora la tecnologia degli Anni ’80. Higo Bank, una banca regionale su Kyushu, elabora quasi 300 dischi floppy al giorno e sta cercando di convincere i clienti a cambiare formato, promettendo di smettere di accettarli in primavera. Inoltre, il problema non è solo giapponese: il sistema della metropolitana di San Francisco, per dire, è ancora basato sul vecchio sistema, e per dismetterlo ci vorranno almeno sei anni e 100 milioni di dollari. Ed anche i segreti dell’arsenale nucleare degli Stati Uniti, impensabile, sono archiviati in maniera così anticamente digitale.

Intanto in Giappone Kono ora ha nel mirino i fax, considerato ancora ancora il modo più rapido per inviare informazioni. I funzionari amministrativi, per esempio, inviano via fax i nomi dei deceduti ai giornali e corrispondono con le imprese locali, perché «a volte le persone non notano le mail». O, forse, più semplicemente perché – come ha detto lo stesso ministro – «con i floppy disc non c’era alcun rischio di essere hackerati: ora dobbiamo stare attenti alla sicurezza dei dati». Si stava meglio quando si stava peggio, dunque. O comunque si sta bene oggi se si è stati previdenti come Tom Persky, fondatore e proprietario di floppydisk.co: tra nuovi e ripuliti ha ancora una scorta di dischetti da vendere per almeno quattro anni. E fa affari d’oro.

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