19 Novembre 2025
/ 19.11.2025

Fossili addio? Siamo a 85 sì, ma nulla è scontato

Cauto ottimismo alla Cop30 di Belem. Il consenso sulla formula che sancisce la fuoriuscita dai combustibili fossili cresce. Ma nulla è detto fino all’ultimo momento, fino alla definizione formale di un accordo

Dannate trattative climatiche. Un passo avanti e un passo indietro, Cop30 cerca una quadra. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e il presidente brasiliano Lula da Silva sono tornati oggi alla conferenza di Belem per dare un impulso decisivo mettendoci la faccia. Lula ha in programma telefonate ai leader di Cina e India, Xi e Modi, alla presidente della commissione UE, Ursula von der Leyen, oltre che a vari leader latinoamericani, dalla Colombia, al Cile, al Messico.

Il focus è su un accordo bilanciato, ma il grande obiettivo di Lula è favorire la creazione di una roadmap sul transitiongaway, l’uscita progressiva e ordinata dalle fonti fossili. Il numero dei Paesi a favore di una roadmap – come annunciato dalla Mutirão Call for a Fossil Fuel Roadmap – è salito martedì sera a 82. Più 22 in un solo giorno. Oggi a metà giornata si era a quota 85, con l’obiettivo di superare i novanta entro sera. Con loro potrebbe esserci anche il nostro Paese, se verrà accettata la richiesta di considerare parte del transitioningaway i biocarburanti, proposta cara a Italia, Brasile, Giappone e India, che vorrebbero quadruplicarne la produzione e l’uso entro il 2035. “Noi ci siamo”, diceva oggi una fonte nella delegazione, “nella misura in cui si ribadiscono tutte le tecnologie previste alla Cop28 di Dubai” Sta di fatto che al momento dei 27 solo Italia e Polonia non hanno aderito alla proposta della roadmap e la cosa sembra aver irritato il presidente Lula. Che ne ha parlato nella telefonata con il presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen. 

La posizione dell’Unione Europea

A favore dell’avvio di una roadmap è l’intera Unione Europea, che però vuole evitare passi più lunghi della gamba, perché un accordo ragionevole che segni l’avvio di un percorso di uscita dalle fonti fossili è pur sempre politicamente rilevante se non storico ed è molto meglio di un non accordo. “Abbiamo piena condivisione della necessità di avviare un percorso di uscita dai fossili e del resto il nostro target al 2040, meno 90%, lo dice chiaramente”, ragionava in conferenza stampa il commissario UE Wopke Hoekstra, “ma è fondamentale che si facciamo passi in avanti raggiungendo un accordo. Per questo sono convinto che per portare a casa un’intesa dobbiamo essere flessibili sulla formula da usare nel testo. Dobbiamo essere realisti e fare in modo che il transitionigaway sia più forte”. 

Poi, certo, in una trattativa così ampia nulla è concluso finché tutto non è concluso. Tutto si tiene. “Per l’Unione Europea”, ha sottolineato il Commissario UE per il Clima, “il successo della Cop30 riguarda l’ambizione e in particolare l’affrontare il divario tra l’attuazione e l’ambizione. Questo deve essere il nostro punto di partenza. E questo è ciò che stiamo facendo. Noi sosteniamo i nostri impegni. Sappiamo quanto sia importante, soprattutto per i più vulnerabili. Abbiamo come sempre, contattato amici e partner di tutto il mondo. Abbiamo coinvolto la Cina, la Corea del Sud, la Colombia, Paesi molto importanti e con cui riteniamo ci sia spazio per discutere. E in generale, la nostra lettura è che molte parti qui vogliono assicurarsi che questa conferenza abbia successo”.

Lo spazio politico esiste

Gli osservatori più attenti concordano. “Esiste lo spazio politico per un pacchetto ambizioso”, osserva Cosima Cassell del think thank climatico E3G, “ma solo se le parti inizieranno a mettere insieme gli elementi. Una risposta chiara alla carenza di Ndc (gli obiettivi degli Stati ndr), comprese le roadmap proposte per l’abbandono dei combustibili fossili e la fine della deforestazione, sarà un importante barometro politico. I segnali finanziari, sia pubblici che privati, saranno decisivi per la credibilità e per tenere insieme qualsiasi pacchetto finale. L’adattamento sta emergendo come banco di prova della credibilità. I brasiliani sono famosi per il loro ottimismo, ma aspettarsi un accordo sulla decisione Mutirão oggi potrebbe essere eccessivo. Le posizioni sulle questioni chiave rimangono piuttosto distanti, nonostante la forte richiesta di una tabella di marcia. I ministri devono usare la loro influenza politica e mostrare flessibilità per colmare le divisioni che rimangono e costruire gli elementi di un pacchetto equilibrato che possa cambiare le carte in tavola in termini di ambizione e attuazione. L’opportunità di raggiungere un accordo è a portata di mano, ma solo se le parti ora abbinano alle parole la volontà di agire insieme”.

Il che non è scontato. “Un obiettivo ben costruito sull’adattamento”, osservano al think thank climatico italiano Ecco, “potrebbe fungere da ponte tra le diverse stanze negoziali, inviare un segnale politico di solidarietà ai Paesi più vulnerabili e contribuire ad aumentare i flussi finanziari. Le opzioni per un nuovo obiettivo finanziario sono incluse nella prima bozza della presidenza. Ora, i Paesi sviluppati dovranno chiarire cosa sia realizzabile nell’ambito dell’Obiettivo Collettivo di Finanza Globale (Ndcg), approvato lo scorso anno a Baku, per tenere conto della richiesta dei Paesi in via di sviluppo di triplicare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2030, fino a raggiungere almeno 120 miliardi di dollari all’anno. Una decisione del mutirão sull’adattamento potrebbe assumere diverse forme, ma dovrà chiaramente indicare la necessità di aumentare il sostegno ai Paesi in via di sviluppo da fonti pubbliche e private, riconoscendo il ruolo centrale delle risorse pubbliche (e non dei debiti) per ristabilire l’equilibrio tra mitigazione e adattamento”. 

La strada è lunga

E questo, sentendosi garantiti da flussi finanziari, potrebbe aumentare il consenso sul transitioningaway in molti paesi del Sud del mondo che hanno risorse fossili e le vorrebbero usare per garantirsi la crescita economica. La strada è lunga e scivolosa come dopo ogni temporale equatoriale. E infatti per la ministra francese per la Transizione Ecologica Monique Barbut i negoziati sono ancora lontani dal raggiungere un accordo in giornata, come alcuni ottimisti ipotizzavano. “No”, ha detto, “oggi non ci sarà alcuna intesa sulla Cop. Non vedo come ciò possa accadere. Tuttavia, potrebbero esserci dei progressi. Ma siamo ancora lontani dal raggiungere un accordo. Perché per noi si tratta di un pacchetto completo, nel quale tutto si bilancia e si integra”. Ci sarà ancora da viaggiare, parafrasando Lucio Battisti, “evitando le buche più dure, senza per questo cadere nelle nostre paure” di un fallimento che farebbe la gioia di Donald Trump. Che ora è più che mai, anche se lontano, l’elefante nella cristalleria climatica.

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