18 Ottobre 2025
/ 17.10.2025

Francia e Olanda, ancora allarme negli allevamenti

Europa rurale sotto assedio. L’autunno si apre con due nuovi focolai virali. Anche l’Italia non è al riparo

Dalla Bretagna ai Paesi Bassi, l’autunno europeo si apre con due focolai che mettono in allarme il mondo agricolo. In Francia torna a diffondersi la “lumpyskindisease”, una malattia virale che colpisce bovini e bufali, mentre nei Paesi Bassi il governo ha imposto di tenere tutti i polli al chiuso per il rischio di influenza aviaria. Due episodi distinti ma collegati da un filo comune: la crescente vulnerabilità degli allevamenti europei di fronte a virus che ignorano confini e stagioni.

In Francia la battaglia contro la malattia “pelle nodosa” – così chiamata per le lesioni cutanee che provoca – sembrava in parte vinta dopo le massicce vaccinazioni estive. Ma a metà ottobre il virus è tornato a colpire, diffondendosi rapidamente da est a ovest e raggiungendo anche i Pirenei orientali, al confine con la Spagna. Non è pericoloso per l’uomo, ma è devastante per le mandrie: riduce la produzione di latte, indebolisce gli animali e può bloccare gli scambi commerciali. Il ministero francese dell’Agricoltura ha finora registrato 83 focolai confermati, contro i 72 italiani e i 9 spagnoli, segno che il contagio si muove lungo un asse mediterraneo difficilmente controllabile.

Limiti severi

Le autorità hanno imposto limiti severi alla movimentazione degli animali e intensificato le campagne vaccinali, ma la tensione con gli allevatori è alta. La Confederation Paysanne accusa il governo di agire nel panico, con ordinanze contraddittorie e tempi troppo stretti per chi vive del proprio bestiame. Dietro le polemiche c’è una realtà economica pesante: ogni focolaio significa perdite immediate, restrizioni commerciali e, in molti casi, abbattimenti preventivi.

Più a nord, nei Paesi Bassi, un altro fronte sanitario si apre con l’influenza aviaria. Dopo la scoperta di un focolaio nella provincia di Drenthe, nel nord del Paese, il ministero olandese dell’Agricoltura ha ordinato che tutti i polli restino confinati al chiuso. È una misura drastica ma necessaria: nel solo allevamento interessato sono già stati abbattuti 71.000 capi per evitare la diffusione del virus, che può colpire rapidamente intere regioni e, in alcuni casi, trasmettersi anche ad altre specie. La decisione comporta il divieto di fiere, mostre e mercati di pollame, un duro colpo per il settore avicolo olandese.

Le due crisi, pur distanti geograficamente, raccontano la stessa storia. Il sistema zootecnico europeo, fondato su densità elevatissime e scambi continui di animali, è sempre più esposto ai rischi biologici. L’aumento delle temperature e la persistenza di stagioni calde favoriscono la sopravvivenza degli insetti vettori che trasmettono virus come quello della “pelle nodosa”. Nel caso dell’influenza aviaria, invece, sono gli uccelli migratori a fungere da serbatoio naturale, portando il contagio attraverso le rotte tra Asia, Africa e Nord Europa.

La fragilità europea

In entrambi i casi le misure di contenimento impattano duramente sulle economie locali. Le aziende agricole devono affrontare costi aggiuntivi per la biosicurezza e la perdita di produzione, mentre i consumatori rischiano rincari nei prezzi di carne, latte e uova. Ma oltre all’economia c’è un problema di fiducia: le campagne vaccinali e le restrizioni funzionano solo se gli allevatori credono nelle istituzioni e collaborano, altrimenti l’ombra della clandestinità rischia di minare gli sforzi sanitari.

Tra i recinti dei bovini francesi e i capannoni avicoli olandesi si disegna così la mappa di una fragilità europea che non è solo sanitaria. È anche climatica, economica e politica. Le epidemie animali, un tempo considerate emergenze locali, sono ormai il termometro di un’agricoltura sotto pressione, chiamata a ripensare i propri modelli produttivi prima che i virus – invisibili ma velocissimi – traccino loro la strada.

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