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Gianni Rivera ha 80 anni, rispetto e stima

25.08.2023

Giocatori AC Milan all'aeroporto di Amsterdam "Schiphol" il 6 maggio 1974. Da Sinistra a destra Romeo Benetti, Luciano Chiarugi, Gianni Rivera e Giuseppe Sabadini.

19 anni e 501 partite da rossonero, 26 con l’Alessandria, 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 4 Coppe Italia e molto altro. La storia di un campione italiano stimato e rispettato.

Il calcio di Gianni Rivera è sempre stato a colori anche quando, da quindicenne, debuttò in serie A nel 1958 con l’Alessandria e le immagini della televisione erano ancora in bianco e nero. È difficile ammetterlo, da parte di un cuore nerazzurro (dall’Inter all’Atalanta) quale sono, ma fu così dall’inizio e lo sarà sempre. Rispetto e stima. Se ne andò dai campi nel 1975. Ma tornò e rimase sul palcoscenico del Milan sino al 1979. E ora, nel giorno del suo ottantesimo compleanno, tutti qui a ricordare il passaggio dall’Oratorio al primo Pallone d’oro di un italiano, i 19 anni e 501 partite da rossonero (più 26 con l’Alessandria), i 3 scudetti, le 2 Coppe dei Campioni, le 4 Coppe Italia… il gol (e altri 127) sigillo del 4-3 sulla Germania ai Mondiali del 1970 al capolinea di una sfida da epica dello sport, le staffette con il rivale Sandro Mazzola e quei 6 minuti finali dell’Italia che si inchinava al Brasile, il complicato rapporto da “saputello” con Silvio Berlusconi che stava reiventando il “suo” club, l’altalenante rapporto con le cupole della stampa quando la Nazionale naufragò con la Corea del Sud e non soltanto, la carriera politica nei Parlamenti, italiano e europeo ,e nei Governi di sinistra come sottosegretario, eccetera, eccetera.

Nella nostra mente rimarranno indelebili alcune pietre angolari della vita di un personaggio segmentante in tutto, fuorché nell’essere giudicato fuoriclasse: la figura di Abatino predestinato tratteggiata da Gianni Brera, demiurgo della storia del calcio nazionale; le radiocronache di Enrico Ameri e Sandro Ciotti che lo dipingevano come illuminato; l’intervista di Oriana Fallaci – sì, proprio lei! – ad un ventenne già considerato campione; la capacità di mandare in gol tutti e persino Pierino Prati; i calci da ultraquarantenne pensionato del pallone su un campo alla periferia sud di Milano.

«Perché non ti ritagli un po’ di ammirazione per Rivera venendo a vederlo giocare ancora a calcio dalle mie parti, in fondo a via dei Missaglia?» – buttò lì un giorno l’adorabile accompagnatore Carletto Pierelli sulle rotte del Giro d’Italia.

«Lui arriva, si mette le scarpette, e illumina il gioco proprio come faceva a San Siro e a Wembley»

E fu così che un giorno mi precipitai in gran segreto là dove i pensionati di altro stampo giocavano a scopone oppure a bocce. Con le dovute distinzioni, Lui era sempre un Golden Boy come nei tempi migliori da calciatore osannato a ogni latitudine. I suoi tocchi avevano un non so che di magico. Non come Diego Armando Maradona, sia chiaro: ma quasi. In un campetto di periferia saliva in cattedra il solito, inesauribile docente di un calcio che, purtroppo, si stava consegnando passo dopo passo soprattutto agli interessi economici. Siamo convinti che, fossimo stati con l’orologio quarant’anni più avanti, quel Rivera non sarebbe emigrato in Arabia Saudita.

Credito fotografico: Peters, Hans / Anefo

FIGC/Hall of Fame - Gianni Rivera premiato con il Pallone d’Oro a San Siro
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