24 Settembre 2025
/ 24.09.2025

Giorgia Meloni non porta fortuna ai ponti

Quello progettato sullo Stretto viene sepolto dalle critiche, quello diplomatico con gli Stati Uniti crolla sotto il peso delle dichiarazioni di Trump

Per la nostra presidente del Consiglio i ponti cominciano a diventare un problema. Già si era inguaiata con quello progettato sullo Stretto, sepolto dai conti che non tornano e dalle critiche tecniche. E adesso dire che quello diplomatico con gli Stati Uniti scricchiola è un eufemismo. Mentre la zolla continentale euroasiatica si avvicina fisicamente a quella africana creando problemi molto seri ai teorici del Ponte sullo Stretto, la distanza politica tra le due sponde dell’Atlantico si allarga a livelli inimmaginabili a meno di un anno di presidenza Trump.

Ma Giorgia Meloni va avanti come nulla fosse. È ormai l’unica rappresentante di un Paese occidentale di peso schierata con Trump. Il genocidio a Gaza ha cambiato gli umori e le posizioni politiche del mondo portando la larga parte dei Paesi occidentali a riconoscere lo Stato della Palestina (moltissimi degli altri lo avevano già fatto).

Perfino la Germania, che comprensibilmente – visto il suo passato – procede con grande cautela sulla questione israeliana, non ha potuto fare a meno di prendere le distanze da Netanyahu bloccando l’invio di armi. Che invece continuano ad avere la benedizione di Palazzo Chigi l’Italia: le nuove autorizzazioni sono state sospese, le vecchie no (tradotto vuol dire che le armi partono quando i portuali non le bloccano).

E la dichiarazione improvvisata ieri sera da una Giorgia Meloni in palese difficoltà non cambia la sostanza della posizione italiana: mentre più di tre Paesi su quattro (152), nel mondo, riconoscono la Palestina come Sato, la presidente del Consiglio subordina il sì a condizioni che per gli altri Paesi europei sono conseguenza del riconoscimento della Palestina. “Un misero espediente che conferma l’ignavia del nostro governo”, ha commentato il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. “Non è il momento dei giochi di prestigio e delle prese in giro”, ha aggiunto la segretaria del Pd Elly Schlein.

Ieri poi l’abisso che Trump ha scavato tra Usa ed Europa ha assunto un’evidenza plastica. Il discorso a New York della presidente della Commissione europea e il quasi contemporaneo comizio del presidente degli Stati Uniti hanno disegnato due mondi, due filosofie, due obiettivi diametralmente opposti e inconciliabili.

All’assemblea generale dell’Onu Trump ha continuato la sua campagna elettorale no-stop inanellando 55 minuti di perle Maga. Ha definito il cambiamento climatico “la più grande truffa mai perpetrata sul mondo” annunciando che i Paesi europei “andranno all’inferno” a causa “delle politiche green”. Ha annunciato a un’esterrefatta platea di aver “fatto terminare sette guerre in sette mesi”. Della Terra piatta non ha parlato.

Alla settimana del clima in corso a New York Ursula von der Leyen ha invece lanciato l’era delle rinnovabili rilanciando i concetti espressi in una lettera firmata assieme ad altri 16 leader mondiali e pubblicata in occasione del summit globale sulle energie rinnovabili.: “La situazione è chiara: una transizione verso l’energia pulita è in atto e destinata a durare. Dobbiamo garantire che sia equa. Questo è l’unico approccio che sarà davvero positivo per il pianeta, le persone e l’innovazione”. Trentasei parole che dicono tutto. Praticamente un manifesto che tiene assieme gli aspetti essenziali: innovazione tecnologica, difesa ambientale, tenuta sociale ed economica. Un manifesto attorno a cui si può saldare un fronte che tiene assieme quasi tutta l’Europa geografica, il Canada, l’Australia, il Brasile.

È vero che negli ultimi due anni si è sentito scricchiolare il Green Deal picconato dalle destre estreme e dei negazionisti climatici. Ma oggi il quadro sembra cambiare sotto la spinta dei fatti. Da una parte le posizioni di Trump, difficili da digerire per la maggioranza degli europei. Dall’altra la corsa vincente della Cina verso il green che costringe l’Europa a darsi una mossa o a uscire dai giochi. Tempi duri per il ponte della Meloni.

CONDIVIDI

Continua a leggere