8 Ottobre 2025
/ 8.10.2025

Gli ambientalisti contro il Ponte sullo Stretto: “Italia fuorilegge sugli appalti”

Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF denunciano alla Commissione europea l’assenza di gara per il megaprogetto. E Bruxelles, intanto, invia a Roma una nuova lettera di messa in mora sugli appalti pubblici.

Il Ponte sullo Stretto di Messina torna al centro dello scontro politico e giuridico. Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf hanno depositato un nuovo reclamo a Bruxelles contro l’Italia, denunciando l’intenzione del governo di procedere con l’opera senza indire una gara d’appalto internazionale. Secondo le associazioni, la decisione viola le regole europee sulla concorrenza e sugli appalti pubblici, in particolare gli articoli 101 e 109 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e l’articolo 72 della Direttiva 2014/24/UE.

È il quarto reclamo presentato sul dossier Stretto: i precedenti riguardavano la mancata applicazione della Valutazione ambientale strategica e la violazione delle direttive “Habitat” e “Uccelli selvatici”. Stavolta, però, il nodo è tutto economico e legale: secondo Greenpeace e le altre sigle, il governo avrebbe “resuscitato” la vecchia concessione del 2005 alla società Stretto di Messina e al consorzio Eurolink (capofila Impregilo), nonostante la società sia stata posta in liquidazione nel 2013 e gli atti di concessione risultassero decaduti.

Un appalto da 13,5 miliardi nato da una gara di vent’anni fa


Al centro della contesa c’è la decisione dell’esecutivo di considerare ancora valido l’affidamento dei lavori del 2005, allora valutato 3,9 miliardi di euro, oggi lievitato a oltre 13,5 miliardi. Le associazioni contestano che un incremento simile possa essere ammesso come “variante” del contratto originario, perché supera di gran lunga il limite del +50% previsto dal diritto europeo per evitare una nuova gara.

La stessa Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha espresso forti perplessità. In un’audizione alla Camera del 9 giugno 2025, il presidente Giuseppe Busia ha avvertito: “L’aver deciso di non svolgere una nuova gara in coincidenza della riattivazione del percorso per la costruzione del ponte sullo Stretto pone dei vincoli sui costi dell’opera: questi, infatti, non possono crescere oltre il 50% del valore originariamente messo a gara”. Avvertimento rimasto inascoltato.

Appello al Cipess e rilievi della Corte dei Conti


Oltre a Bruxelles, Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF hanno inviato una formale richiesta al Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) per il ritiro in autotutela della delibera n. 41 del 6 agosto 2025, che chiude l’iter di approvazione del Ponte. La delibera è ancora sospesa perché all’esame della Corte dei Conti, che ha già sollevato numerose osservazioni sulla legittimità della procedura.

Le associazioni ricordano che la stessa Corte, in assenza di risposte convincenti del governo, ha invitato il Cipess a ritirare il provvedimento. “Le criticità e i vizi del procedimento – affermano – non possono essere superati con semplici chiarimenti o integrazioni”. In altre parole, la delibera sarebbe viziata alla radice.

Bruxelles diffida l’Italia: terza lettera di messa in mora


Mentre le associazioni ambientaliste bussano alla porta dell’Unione europea, la Commissione ha inviato all’Italia una nuova – la terza – lettera di costituzione in mora per violazione delle norme Ue sugli appalti pubblici. Bruxelles contesta al nostro Paese il mancato recepimento di alcune disposizioni chiave delle direttive europee, in particolare quelle sulle procedure di project financing e sulla tutela dei segreti tecnici e commerciali nelle gare d’appalto.

“Gli appalti pubblici devono rispettare i principi di trasparenza, parità di trattamento, libera concorrenza e non discriminazione”, ricorda la Commissione. Roma ha ora due mesi di tempo per rispondere e correggere le carenze. In caso contrario, l’Esecutivo Ue potrà passare alla fase successiva, emettendo un parere motivato – il passo che precede il deferimento alla Corte di giustizia.

Un simbolo che divide


Il Ponte sullo Stretto continua così a essere un simbolo di divisione: tra chi lo considera un’opera strategica e chi lo vede come un colossale errore tecnico, ambientale e giuridico. Sullo sfondo, resta l’impressione che l’Italia stia forzando le regole europee pur di rilanciare un progetto vecchio di vent’anni, con costi triplicati e norme ancora incerte.

Mentre i sostenitori del ponte parlano di sviluppo e modernità, da Bruxelles arriva un messaggio netto: la legalità negli appalti pubblici non è un dettaglio tecnico, ma una condizione imprescindibile. Quello sullo Stretto rischia di diventare – più che un ponte – un muro fra Roma e l’Europa.

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