11 Agosto 2025
/ 28.07.2025

Gli ex ambasciatori italiani per l’immediato riconoscimento dello Stato di Palestina

Trentacinque ex ambasciatori italiani chiedono l’immediato riconoscimento dello Stato di Palestina, la sospensione della cooperazione militare con Israele e il sostegno a sanzioni individuali contro i responsabili di crimini di guerra nella Striscia. Parigi si prepara a diventare il primo Paese del G7 a compiere questo passo. Ma il governo Meloni resta fermo su una posizione attendista. Cresce il sostegno in Africa, Asia e America Latina

La Francia ha rotto gli indugi. A settembre, nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riconoscerà formalmente lo Stato di Palestina. Lo ha annunciato il presidente Emmanuel Macron, segnando un passaggio che molti considerano storico: Parigi sarà il primo Paese del G7 a compiere questo passo, portando a 148 il numero dei membri dell’ONU che già lo hanno fatto.

È un gesto carico di significato simbolico e politico, che arriva però in un’Europa divisa, incapace di trovare una linea comune su una delle crisi più gravi e prolungate del nostro tempo. 

La linea francese: un atto politico, non simbolico

Il governo Macron ha motivato la sua decisione con parole nette: il riconoscimento dello Stato di Palestina non è un favore ad Hamas, ma un atto di sostegno verso gli attori palestinesi che hanno scelto il dialogo e la pace. Parigi ribadisce la necessità della soluzione dei due Stati come unica via per una pace giusta e duratura, chiedendo il disarmo di Hamas, la liberazione degli ostaggi israeliani e una riforma dell’Autorità Nazionale Palestinese.

Il ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot parteciperà alla conferenza Onu del 28-29 luglio a New York, co-presieduta dalla Francia e dall’Arabia Saudita, proprio con l’obiettivo di dare impulso politico alla “soluzione dei due Stati”. Il riconoscimento formale, spiega Parigi, è parte di una strategia più ampia: stabilizzazione della Striscia di Gaza, accesso umanitario senza ostacoli, e un nuovo orizzonte politico per la regione.

Italia favorevole ma non ora

Dall’altra parte delle Alpi, però, lo scenario è ben diverso. Il governo italiano, pur dichiarandosi favorevole alla creazione di uno Stato palestinese, rifiuta l’idea di un riconoscimento unilaterale. La premier Giorgia Meloni è stata chiara: “Sono favorevole allo Stato di Palestina, ma non al suo riconoscimento a monte di un processo per la sua costituzione. Farlo adesso potrebbe essere controproducente”.

Una posizione ribadita anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che la condiziona esplicitamente al “riconoscimento da parte palestinese dello Stato di Israele”. Una tesi che ha scatenato reazioni polemiche, soprattutto da parte delle opposizioni.

L’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato di “vergogna nazionale”, accusando Meloni di complicità con il governo israeliano e di insensibilità davanti alla catastrofe umanitaria in corso a Gaza. Elly Schlein ha denunciato “l’ambiguità” della linea italiana, mentre +Europa, Verdi e Sinistra Italiana parlano apertamente di “subalternità morale” e di “codardia politica”.

Non sono soli. A intervenire nel dibattito sono stati anche 35 ex ambasciatori italiani – tra cui figure del calibro di Pasquale Ferrara, Ferdinando Nelli Feroci e Rocco Cangelosi – che in una lettera aperta alla premier chiedono “l’immediato riconoscimento dello Stato di Palestina”, la sospensione della cooperazione militare con Israele e il sostegno a sanzioni individuali contro i responsabili di crimini di guerra nella Striscia. Un appello che rompe con la tradizionale prudenza diplomatica italiana.

L’Europa resta divisa

Il gesto francese segue quello già compiuto da altri Paesi europei: Svezia, Spagna, Irlanda, Slovenia, e Norvegia (pur non appartenente all’Ue) hanno riconosciuto la Palestina, così come una serie di Stati dell’Est Europa già dagli anni Ottanta, nel contesto della Guerra fredda.

Tuttavia, la maggioranza dei membri dell’Unione europea resta per ora ferma. La Germania, pur condannando le violenze israeliane, non anticipa il riconoscimento. Il Regno Unito si mantiene cauto, ma oltre 220 deputati – di nove partiti diversi – hanno firmato una lettera al premier Keir Starmer chiedendo una svolta. “Il Regno Unito ha una responsabilità storica”, scrivono, ricordando il ruolo avuto nel mandato sulla Palestina.

Il riconoscimento della Palestina da parte della Francia ha suscitato reazioni contrastanti a livello globale. Russia, Cina e Arabia Saudita lo hanno accolto con favore. Gli Stati Uniti, al contrario, hanno reagito con irritazione. Il segretario di Stato Marco Rubio ha definito la scelta francese “un errore sconsiderato”, che “alimenta la propaganda di Hamas”.

Una scelta politica, non simbolica

Mentre l’Occidente litiga sul “se” e “quando”, il resto del mondo si è già espresso. La Palestina è riconosciuta da quasi tutta l’Africa, l’Asia e l’America Latina. Cina, Russia, India, Brasile, Argentina: tutti hanno già dato il loro sostegno. L’Assemblea Generale dell’Onu, nel 2023, ha votato con 143 sì per qualificare la Palestina come Stato membro. Italia e altri 24 Paesi si sono astenuti, solo 9 – tra cui gli Usa – si sono detti contrari.

Netanyahu continua a respingere le accuse di carestia a Gaza, ma ha acconsentito a nuovi lanci aerei di aiuti umanitari, già sperimentati – con risultati controversi – all’inizio della guerra. Intanto, con il sostegno degli Usa, Israele sta “valutando opzioni alternative” per risolvere la crisi degli ostaggi e “eliminare Hamas”.

Parole che fanno temere un’ulteriore escalation militare, mentre il bilancio delle vittime palestinesi supera i 58.000 morti. La popolazione della Striscia è allo stremo: fame, sete, mancanza di cure. 

Nel mezzo di un conflitto devastante e di una crisi umanitaria sempre più profonda, il riconoscimento dello Stato di Palestina rappresenta un bivio per la comunità internazionale. È il momento di decidere se restare spettatori dell’agonia di un popolo, oppure assumersi la responsabilità di un gesto politico che – senza essere risolutivo – può quantomeno ristabilire un principio: che il diritto all’autodeterminazione vale per tutti. Anche per i palestinesi.

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