21.02.2024
La morte di Alex Navalny, blogger e youtuber attivo contro la corruzione e le violazioni del voto, nonché candidato a sindaco di Mosca e alla Duma, che tanto sta facendo discutere in queste ore, ripropone sullo sfondo un altro grande tema: si possono uccidere le idee e comprimere le libertà civili? Giovanni Falcone sosteneva che “gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
E così è stato anche in questa occasione. Yulia Navalnaya, moglie di Alex, ha pronunciato nei giorni scorsi a Bruxelles, davanti ai ministri degli esteri dei Paesi UE, un discorso destinato a raccogliere l’eredità della missione del marito, una specie di inno alla libertà della manifestazione del pensiero. Immaginare che nell’epoca di internet e dei social l’eliminazione fisica di un essere umano possa impedire la libera circolazione delle idee è quanto di più folle, lontano dalla realtà e obsoleto si possa immaginare.
Infatti, le moderne costituzioni nonché le convenzioni internazionali muovono dal presupposto del riconoscimento delle libertà fondamentali dell’individuo, all’interno delle quali un ruolo primario riveste la possibilità di non omologarsi al potere e al pensiero unico. È un tema che deve essere trattato con cura e rispetto, al quale non bisogna mai abbassare il livello della attenzione anche in quelle democrazie che apparentemente sembrano più compiute.
Allo stesso tempo, proprio la gravità dell’episodio accaduto, che comunque la si voglia pensare costituisce un ulteriore isolamento della Russia dal resto del mondo, impone di evitare inutili strumentalizzazioni e divisioni che rischiano di avvelenare ulteriormente i pozzi sia in ambito interno che in ambito internazionale.