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Cronaca, Scienza e tecnologia

Google cade nella propria trappola

05.06.2024

2.500 pagine di documenti riservati, relativi all’algoritmo di ricerca trafugati e resi pubblici. Un vero e proprio scandalo che svela le modalità con cui Google privilegia alcuni siti per argomenti sensibili, come le elezioni e il trattamento riservato ai siti di piccole dimensioni.

Siamo tutti schiavi contenti di Google, lo sospettavamo già da tempo. Adesso però è accaduto che Google è stata vittima di Google, ovvero che sul web sono apparse 2.500 pagine di documenti riservati relativi all’algoritmo di ricerca trafugati e resi pubblici. Insomma, un “Google Leak” che rivela dettagli cruciali sul funzionamento di uno dei pilastri di Internet, gettando luce su uno degli aspetti più misteriosi e influenti del mondo digitale.
La metodologia con cui Google assegna i ranking ai siti web ha sempre costituito un enigma, suscitando l’interesse di giornalisti, accademici e professionisti della SEO (ovvero la Search Engine Optimization). La divulgazione di questi documenti rappresenta una rivelazione senza precedenti, fornendo una visione dettagliata dei meccanismi interni di Google Search. Le informazioni trapelate suggeriscono che le dichiarazioni pubbliche di Google possano non essere state del tutto trasparenti. E, dopo giorni di speculazioni, Google ha confermato l’autenticità dei documenti.

Questo leak, il più grande mai avvenuto, offre una panoramica dettagliata sull’API di ricerca di Google e sulle informazioni accessibili ai dipendenti. I dettagli tecnici risultano complessi e sono più comprensibili agli sviluppatori e agli specialisti della SEO piuttosto che al pubblico generale. Sebbene i documenti non dimostrino in modo incontrovertibile l’uso di determinati dati per il ranking, forniscono indizi preziosi su ciò che Google potrebbe considerare rilevante. I documenti trapelati descrivono, infatti, i dati raccolti e utilizzati da Google, le modalità con cui privilegia alcuni siti per argomenti sensibili, come le elezioni, e il trattamento riservato ai siti di piccole dimensioni, che vengono penalizzati. Alcune informazioni sono in contraddizione con le dichiarazioni pubbliche di Google, suggerendo discrepanze significative. Ad esempio, si è scoperto che i dati di Google Chrome potrebbero influenzare il ranking, nonostante le smentite ufficiali.

Un esempio di questa contraddizione riguarda l’uso dei dati di Google Chrome: Big G ha sempre negato di utilizzarli, ma i documenti mostrano che Chrome è menzionato nei processi di posizionamento dei siti web. Inoltre, emergono interrogativi sull’influenza del sistema E-E-A-T (esperienza, competenza, autorevolezza e affidabilità) sui ranking, con Google che ha sempre sostenuto il contrario. Questi documenti offrono in pratica una visione dettagliata e non filtrata di un sistema normalmente protetto, sollevando dubbi sulla veridicità delle affermazioni pubbliche dell’azienda. E offrendo agli esperti SEO una preziosa opportunità per comprendere meglio i criteri utilizzati dal motore di ricerca più famoso al mondo. Sebbene non rappresentino una prova definitiva, forniscono indicazioni significative sui fattori che potrebbero influenzare il ranking dei siti, certificando che il mondo del web è sottoposto a regole che un utente non può controllare. Eravamo schiavi consapevoli di internet, insomma, ora sappiamo di essere prigionieri.

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