Le fonti rinnovabili non sono mai troppe finché ci sono impianti fossili da sostituire. La Grecia, però, insegna che se la produzione di energia pulita non viene affiancata da infrastrutture capaci di sostenerne la crescita e da sistemi capaci di accumulo della stessa energia, allora i benefici possono essere meno evidenti.
Paese mediterraneo con un’elevata insolazione annuale, la Grecia dispone attualmente di 16 gigawatt di energia rinnovabile, di cui quasi 10 provengono dal solare.
Nel 2024 sono stati investiti 1,6 miliardi di euro in nuovi progetti fotovoltaici in tutto il Paese, aumentando la capacità complessiva di 2,5 GW, secondo l’associazione ellenica delle imprese fotovoltaiche (Helapco). Negli ultimi quindici anni molti campi, un tempo ricchi di trifoglio e mais, sono stati trasformati in fattorie solari. Un’iniziativa attuata nel quadro di una politica di sviluppo delle energie rinnovabili e sostenuta dall’Unione Europea.
Nel 2023, il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis aveva previsto che la Grecia “presto avrebbe prodotto l’80% del proprio fabbisogno elettrico da fonti rinnovabili”.
Il solare ha sostituito il carbone e, secondo il think tank climatico Ember, ha registrato una crescita che è simile a quella di altri Paesi europei. Oggi, le energie rinnovabili rappresentino ormai quasi la metà della produzione elettrica europea. La Grecia fa addirittura un po’ meglio: lo scorso anno, il 55% del consumo elettrico annuale è stato coperto da fonti rinnovabili, con il 23% proveniente dal solare, secondo l’associazione dei produttori greci di energia solare (Spef).
Tuttavia, il settore sta raggiungendo un punto di saturazione a causa delle dimensioni ridotte del Paese, infrastrutture limitate e ritardi nello sviluppo della capacità di stoccaggio dell’energia, spiega l’ingegnere chimico e presidente della Spef, Stelios Loumakis.
La Grecia ha autorizzato troppi progetti fotovoltaici negli ultimi cinque anni, e il mercato è ora saturo, provocando spesso un “grave surplus di produzione” nei giorni di sole, afferma il tecnico. Per gestire il surplus, la Grecia sta sviluppando un sistema di accumulo tramite batterie. Ma recuperare il ritardo rispetto alla produzione solare richiederà anni.
“I prossimi tre anni saranno cruciali”, afferma Stelios Psomas, consulente della Helapco. “Gestire una quota così alta di energie rinnovabili — soprattutto solare — richiede grande flessibilità e soluzioni di accumulo”, sottolinea anche Francesca Andreolli, ricercatrice del think tank ECCO in Italia, Paese che affronta lo stesso problema. “La capacità delle batterie si è rivelata una necessità strutturale per assorbire l’energia rinnovabile in eccesso e rilasciarla quando la domanda aumenta”, aggiunge. Nel mese di maggio, l’operatore elettrico Dei ha dovuto ordinare più volte a migliaia di produttori di medie dimensioni di disattivare le proprie unità durante le ore più soleggiate della giornata, per evitare blackout elettrici.
“Il problema è trovare un equilibrio tra offerta e domanda. Se non viene fatto correttamente, può causare interruzioni di corrente”, avverte Nikos Mantzaris, membro dell’organizzazione Green Tank.
Ad aprile, un mega-blackout di origine sconosciuta ha paralizzato Spagna e Portogallo. Madrid ha indicato che due grandi fluttuazioni di potenza erano state registrate nella mezz’ora precedente il crollo della rete, senza però attribuire la colpa direttamente alle energie rinnovabili.