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Guerra al totalitarismo Big Tech

23.08.2024

Google è totalitario nel settore della ricerca online e della pubblicità digitale, Amazon per le vendite online, Meta nei social network e Apple nei servizi per i dispositivi mobili. Come hanno fatto queste aziende a esercitare un simile potere sull’umanità, rendendosi temibili persino dalle istituzioni? L’idea dello smembramento.

«The four. I padroni. Il DNA segreto di Amazon, Apple, Facebook e Google». Nel titolo di questo libro, uscito sei anni fa e scritto dal giornalista americano Scott Galloway, c’era il futuro, perché il potere delle Big Tech era già diventato talmente grosso da esser pericoloso per le istituzioni: «Come hanno fatto queste aziende a insinuarsi nella nostra vita in modo così capillare, rendendo praticamente impossibile evitarle (o boicottarle)? Perché il mercato azionario le ha perdonate per errori che avrebbero decretato il fallimento di qualsiasi altra impresa? E mentre aspettiamo di scoprire chi tra loro diventerà la prima azienda da mille miliardi di dollari della storia, si profila all’orizzonte qualcuno che sia in grado di competere con loro?».

Sei anni dopo, la teoria di Galloway per cui aziende così grandi dovessero essere smembrate per riequilibrare il mercato è probabilmente arrivata anche negli uffici dell’Antitrust Usa, partita negli ultimi giorni pesantemente all’attacco di Google, «monopolista consapevole di esserlo». Così come ha stabilito la recente sentenza di un giudice distrettuale di cui abbiamo parlato su Ultimabozza.
Succederà, allora? Big G ha fatto intanto ricorso, ma la strada verso lo «spezzatino tecnologico» sembra tracciata. E non solo per Google. Il cuore della questione risiede nel fatto che le più grandi aziende tech detengono una quota di mercato estremamente elevata in settori diventati ormai chiave. Google, per esempio, è totalitario nel settore della ricerca online e della pubblicità digitale, così come lo è Amazon per le vendite online, Meta nei social network e Apple nei servizi per i dispositivi mobili. E quello nei confronti dell’azienda di Mountain View sembra solo il primo attacco verso compagnie ormai troppo rilevanti e, per certi versi pericolose, per il mercato e (in alcuni aspetti) per la democrazia.  Così, l’idea di dividere Google in più aziende non è nuova, ma ha guadagnato slancio: l’Antitrust americana sta esaminando l’opportunità di imporre una scissione per diverse divisioni, come quella appunto del motore di ricerca e della pubblicità, quella del mondo Android, ed anche quella che governa sui miliardi di video in circolazione su YouTube. Tutte dovrebbero diventare entità indipendenti, dando quindi modo alla concorrenza di riguadagnare posizioni su un mercato da migliaia di miliardi di dollari.

 Eppure, esiste anche il lato B della vicenda: se è vero che aziende più piccole potrebbero competere più equamente in un mercato meno concentrato, si potrebbe anche arrivare al punto destabilizzare l’industria digitale, con conseguenze impreviste per i consumatori e gli investitori. Dal punto di vista economico, infatti, l’eventuale scissione potrebbe far riduzione dei costi per gli inserzionisti aggiungendo innovazione, ma anche produrre inefficienze e una riduzione della qualità dei servizi offerti. Insomma: l’Antitrust americana si trova ora di fronte a una sfida legale significativa. E con una domanda da risolvere: non è ormai troppo tardi per riequilibrare il mercato?

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