11.10.2024
Man mano che i ghiacciai si ritirano diventano più esposti al calore e si sciolgono più facilmente. Negli ultimi 10 anni, il cambiamento è sempre più visibile. Sulle Alpi europee, si registra una perdita di 1 metro di spessore e una riduzione della superficie dell’1,5% ogni anno. In altre parti del mondo accade il contrario. Quali conseguenze.
Il 27 settembre scorso il Consiglio federale elvetico ha diffuso un comunicato per informare della rettifica dei confini tra la Svizzera e l’Italia, resa necessaria dalla fusione del ghiacciaio del Plateau Rosa, non distante dal Monte Cervino, tra la Valle d’Aosta e Zermatt, in Svizzera. Già in passato Plateau Rosa è stato oggetto di attenzione, come accade per il resto dei ghiacciai del mondo, a causa della progressiva riduzione della loro superficie: la ridefinizione fisica dei confini territoriali tra due Paesi è, in realtà, «solo uno degli effetti di un cambiamento molto rapido che i ghiacciai stanno subendo», spiega a ultimabozza la dott.ssa Marta Chiarle, geologa e Prima ricercatrice dell’Istituto per la Protezione Idrogeologica del CNR.
«I confini nazionali sono spesso basati su elementi fisici, come i crinali delle montagne, perché sono elementi stabili nel tempo. Laddove i crinali sono ammantati di ghiaccio, come il Plateau Rosa, può accadere che occorra ridefinire i confini: il fatto che si sia presentata adesso l’esigenza di muoversi, e non in passato, ci dice quanto rapidamente i ghiacciai stanno cambiando e modificando la configurazione delle montagne». Da trent’anni i ghiacciai italiani, e non solo, vivono in uno stato di salute negativo: per capire cosa sta accadendo bisogna considerare anzitutto la dinamica naturale di un ghiacciaio. «Si nutrono di neve durante l’inverno e perdono superficie durante l’estate e in una situazione di normalità questi due momenti si equivalgono, ma se le perdite sono molte di più, allora siamo in una situazione negativa». È ciò che accade adesso e accade sempre più velocemente: prima la loro superficie diminuiva in modo così lento che per essere osservabile andava considerato un arco temporale molto ampio, che comprendeva più generazioni. Negli ultimi dieci anni, il cambiamento è visibile a occhio nudo di anno in anno ed è confermato dai dati: in media, sulle Alpi europee, si registra una perdita di 1 metro di spessore di ghiaccio e una riduzione della superficie dell’1,5% ogni anno.
L’accelerazione del ritiro dei ghiacciai è dovuta a due motivi interconnessi. «Se la superficie di un ghiacciaio è unitaria, pensiamo a un unico blocco, allora è più protetta, ma man mano che i ghiacciai diventano sempre più piccoli sono meno difesi dal calore esterno e si sciolgono più facilmente. E l’altra ragione è il cambiamento climatico, che continua ad aumentare e provoca la fusione», che è una delle conseguenze più evidenti, e infatti, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha scelto i ghiacciai come uno degli indicatori, privilegiati degli effetti, a terra del cambiamento climatico. Ci sono, però, zone del pianeta in cui i ghiacciai sembrano non vivere questo andamento ma addirittura una tendenza opposta. «Ci sono alcune aree dell’Himalaya in cui sono stati ritrovati dei ghiacciai che non stanno perdendo la loro superficie, ma stanno crescendo.
In Italia, sulle Alpi Giulie alcuni ghiacciai che stanno resistendo: sono esposti a nord e vengono alimentati anche dalle valanghe, e, quindi, non si alimentano solo dalla neve che cade. Sono situazioni che i ricercatori stanno studiando e approfondendo. Sullo spostamento del confine tra Italia e Svizzera: sul Plateau Rosa sono concentrate alcune attività economiche di rilievo e sarà interessante capire quali saranno le soluzioni territoriali. La natura ha la sua storia e i suoi cambiamenti e dobbiamo essere noi ad adattarci».