9 Maggio 2024
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Cultura, Società

I millennials, figli di una visione postmoderna della fede

30.03.2024

Quale corrente seguono i millennials assetati di risposte vere di fronte alle domande che contano: perché il dolore e la morte? C’è un Dio? Qual è il senso della mia esistenza?

Nel contenitore multiforme di una società alla continua ricerca di risposte anche in assenza di domande, la sensibilità religiosa di oggi è attraversata da trasformazioni profonde. Con il mondo dei giovani che, pur essendo propositivo e ricco di risorse, troppo spesso si sente lasciato ai margini, privato della possibilità di apportare significative esperienze alla realtà in cui si affaccia per costruire un avvenire. L’incertezza domina ed i dubbi s’addensano. L’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, attraverso indagini, statistiche ed interviste calibrate, ha seguito con attenzione l’andamento sinusoidale del percorso di ragazzi e ragazze che si sono allontanati dalla Chiesa e di chi invece ha deciso di restarvi. In mezzo si snodano storie e vicende personali, quasi sempre intrise d’inquietudini che paradossalmente accomunano sia chi ha lasciato e chi non l’ha fatto nel rapporto elastico con la comunità cristiana.

Ed è curioso pensare che già nel 1938 don Primo Mazzolari affermava che «se qualcuno si allontana è perché qualcun altro si è allontanato nella direzione opposta». Le ragioni degli allontanamenti reciproci chiamano in causa lo stile di vita e relazionale di una cultura ecclesiale che relega in un cantuccio il coinvolgimento, l’insegnamento sui temi morali e le indicazioni sulla sessualità. «I ragazzi vedono la Chiesa troppo lontana dalla loro vita quotidiana, legata com’è a dogmi e dettami, dove impera il “tu devi” categorico», sottolinea una giovanissima.

Al Nord e al Centro i giovani che si dichiarano cattolici sono sotto il 50%, coloro che frequentano la chiesa una volta la settimana l’11,7% (il 25,1%: mai). E, se il giudizio ricorrente di quanti li giudicano superficiali e distratti, secondo l’etichetta (malevola) di una certa narrazione, si rilevasse infondato? Chi è disposto a stare con loro nell’itinerario di crescita? Perché i margini di un movimento legato, ad esempio all’attività parrocchiale e di volontariato, per tacere delle ondate spumeggianti d’entusiasmo delle Giornate Mondiali della Gioventù (sotto l’ala benevola del Papa), attestano di un’esigenza di riscoprirsi esseri sociali, di approfondimento della Parola e di riscoperta del Credo. Il che si traduce in un ambito esperienziale con adulti capaci di ascoltarli, per intessere un dialogo e con i quali confrontarsi, perché l’intero “mondo che cresce” non ha bisogno di palliativi ma di chiarezza (anche evangelica) proposta con coraggio e dischiusa sulla complessità delle cose, non sulla loro banalizzazione di stampo televisivo-mediatico. Le nuove generazioni, diverse rispetto al passato, perché imbevute di sollecitazioni tecnologiche, sono alla ricerca del perché delle cose e non del dito accusatore pronto a cogliere in fallo chi sbaglia. Affievolitasi l’onda vitale dell’oratorio (come istituzione fondante di un’intera comunità) che ha segnato la vita di persone e territori, centri grandi e paesi della provincia, rimane intonsa l’attività meritoria delle parrocchie, e del legame che si instaura con la collettività che (per paradosso) può prescindere dalla fede della Chiesa e dalla visione della vita che in essa si professa. La condizione giovanile dai “nativi digitali” ai “nichilisti attivi”, con la decostruzione dei linguaggi (il loro alfabeto), non si traduce nella “mutazione antropologica” dei Millennials, ma sottende una domanda di spiritualità, in forma discreta e sottotraccia, legata alla propria soggettività, però aperta all’incontro. La tradizione religiosa si è indebolita, mentre le domande esistenziali e il bisogno di spiritualità si sono addirittura rinforzati.

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