21 Febbraio 2025
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Cronaca, Istruzione, Lavoro, Società

I Neet, fuori dal tunnel

Secondi in Europa con il numero di giovani “fannulloni”. Un esercito di Neet che non studiano e non lavorano. Da noi se ne contano 2,1 milioni, un milione in meno rispetto al passato. Si torna ai livelli del 2007, dietro alla Romania. Ma Bruxelles non molla: soluzioni per tutti entro il 2030. Analisi e numeri.

Con il nome Neet (acronimo di Not in Education, Employment or Training) si indicano i giovani che non sono impegnati né in un percorso di studi, né hanno un lavoro, né uno stage in corso. Secondo l’ultimo report trimestrale Istat in Italia, se si considera la fascia d’età più ampia, cioè quella che comprende persone tra i 15 e i 34 anni, questi sono 2,1 milioni (1,5 milioni se si restringe il campo all’arco tra i 15 e i 29 anni). La buona notizia è che sono un milione di persone in meno rispetto al record raggiunto nel 2018 e poi (complice la pandemia) nel 2020, e il totale tocca per la prima volta livelli pre-crisi del 2008. La cattiva notizia è che sono cifre comunque importanti in termini assoluti, e che rendono l’Italia il secondo Paese europeo in cui i ragazzi senza impiego o percorso di studi avviato sono più numerosi, dietro soltanto alla Romania.
Secondo i dati Istat, la percentuale di Neet nel range d’età tra i 15 e i 29 anni è diminuita considerevolmente negli ultimi 5 anni, passando dal 23,4% registrato 2108 al 16,1% del 2023. Dal report si evince che la loro incidenza sulla popolazione è inversamente proporzionale al titolo di studi: tra i diplomati o chi ha la licenza media il totale di chi non lavora né studia raggiunge il 20%, mentre tra i laureati questi sono “solo” il 14%. Tra i 2,1 milioni di giovani che compongono l’esercito dei Neet, sono solo 700 mila quelli che possono essere considerati “disoccupati”, cioè attivamente impegnati nella ricerca di un impiego che non riescono a ottenere. Coloro che invece hanno abbandonato ogni speranza, smettendo di provare a trovarne uno, sono ben 1,4 milioni.
Il fenomeno dei Neet, leggendo i dati Istat, risulta avere un’incidenza superiore tra le ragazze: il 20,5% del totale non è impegnata né in un percorso di studi né in uno professionale, mentre tra i ragazzi a non esserlo sono solo il 17,7%. Il fenomeno inoltre interessa il 27,9% della popolazione del Mezzogiorno: in Sicilia riguarda quasi un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni contro solo il 9,9% nella Provincia autonoma di Bolzano. Inoltre, a rimpinguare le fila della categoria c’è il 28,8% degli stranieri residenti in Italia.
Quella dei Neet è una problematica che non riguarda solo il nostro Paese e che nell’Unione Europea è molto sentita. Bruxelles è decisa a combatterla, per quanto possibile, e ha fissato un obiettivo da raggiungere entro il 2030. La speranza è che, nel termine fissato, ciascuno degli stati membri non conti nella categoria più del 9% della popolazione tra i 15 e i 29 anni.

Facendo riferimento ai dati del 2022, la media complessiva registrata nei 27 Stati era pari all’11,7% ma, come è facile immaginare, non c’era omogeneità tra i numeri raccolti nei vari Paesi. Ad esempio, i Paesi Bassi sono i più virtuosi, con solo il 4,2% di Neet: meno della metà di quello che è stato fissato come tetto massimo. In Italia invece, come abbiamo visto, la percentuale è decisamente maggiore rispetto al livello auspicato. La strada da fare è lunga, ma la direzione presa sembra essere quella giusta.

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