15.08.2024
I nostri anziani sono sempre più numerosi e soli. La perdita del partner è una delle cause principali, ma c’è dell’altro. È un’emergenza che viene resa nota solo nei periodi festivi. La nostra costante presenza al loro fianco significa dare il buon esempio ai nostri giovani. Distanziamoci dall’imbruttimento sociale. Il focus sull’ageismo.
Sempre più anziani, sempre più soli. È un binomio fortissimo nel nostro Paese, un effetto collaterale di un invecchiamento demografico destinato ad aumentare. Ed è un’emergenza silenziosa, perché è una questione che “spunta fuori” per lo più durante i periodi di festività. Eppure, le persone anziane, spesso, sono sole tutto l’anno. A confermarlo, i dati. Secondo le ultime rilevazioni sul tema dell’Istat, in Italia il 13% degli anziani vive da solo di cui – come riportano i numeri di un’indagine condotta da Incra – il 40% ha più di 70 anni. Una delle principali cause più comuni della solitudine è la perdita del partner, ma non è l’unico fattore in gioco. In molti casi gli anziani rimangono soli a causa della distanza geografica con figli e famigliari, il che rende difficile un contatto frequente e un supporto quotidiano. Abitare vicini, però, non sempre è sinonimo di vicinanza famigliare: spesso gli impegni lavorativi limitano il tempo trascorso con i genitori e parenti anziani.
Ci sono poi i fattori, per così dire, fisiologici: malattie e scarsa mobilità incidono sull’isolamento sociale dell’anziano e rendono difficile la partecipazione ad attività sociali o una semplice passeggiata. Un costo, questo, che non è solo sociale e morale, ma che porta conseguenze anche psicologiche, perché tra gli effetti collaterali della solitudine ci sono anche disturbi depressivi. Una solitudine che spesso viene amplificata, come detto, dalla comparsa di malattie e disturbi che stravolgono le abitudini quotidiane e la perdita di autonomia.
E poi l’ageismo, il fenomeno discriminatorio che colpisce le persone in base all’età e che è nel nostro Paese sempre più diffuso. Un fenomeno che, come i tempi del Covid hanno dimostrato, diventa discriminatorio anche dal punto di vista sanitario, escludendo gli anziani dalle cure solo a causa dell’età. E non è difficile intuire la portata del problema: che contrasto generazionale e sociale si può sviluppare quando l’età anagrafica diventa oggetto di stigma e pregiudizio in un Paese che è demograficamente tra i più vecchi d’Europa? Dunque, diventa chiaro che la solitudine degli anziani non può essere considerata come una problematica individuale, ma che è una vera e propria responsabilità sociale. Perché è sacrosanto lasciare spazio ai giovani, ma non possiamo dimenticarci e abbandonare le generazioni che ci hanno messo al mondo.