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Il 4 febbraio di vent’anni fa nasce Facebook, padrone dei social

04.02.2024

Era il 4 febbraio del 2004 quando un ragazzo “nerd” senza amici accese lo strumento che avrebbe cambiato il mondo della comunicazione per sempre. Da una lacuna di riconoscimento da parte dei compagni a Harvard e da un’idea non sua, Mark Zuckerberg si inventa i social che trasformano le sorti della comunicazione in modo determinante, invadendo le vita delle persone su tutto il Pianeta e sottomettendo persino i mezzi di comunicazione tradizionali che dettavano “legge”. Lo farà per sempre?

Quando il 4 febbraio Mark Zuckerberg accese The Facebook, non pensava certo che sarebbe stato un affare, nel senso economico del termine. Il suo scopo era quello di dimostrare di non essere poi quell’universitario di Harvard un po’ “sfigato”, e magari – mettendo in contatto tutti i ragazzi, e soprattutto ragazze, del campus – riuscire a passare qualche bella serata. Non aveva previsto certo, 20 anni dopo, di dover celebrare il compleanno cospargendosi il capo di cenere e chiedendo scusa, davanti al Senato americano, alle famiglie private di figli vittime della logica perversa dei social: «Nessuno avrebbe dovuto passare quello che avete passato voi».

Insomma: che cos’è Facebook oggi? Un grande esperimento fallito, o ancora quel messo che voleva collegare il mondo per renderlo più libero? La riposta non è facile, anche se di sicuro quel 4 febbraio 2004 segnò lo spartiacque tra un pianeta consapevolmente senza bisogno di privacy e una realtà in cui siamo spiati da qualsiasi occhiolino digitale e non sempre abbiamo i mezzi per difenderci. Neanche da Facebook in realtà, nonostante Zuckerberg dica che l’azienda sta mettendo in campo tutti i rimedi possibili per evitare i pericoli per chi non si rende conto che non è libertà far sapere tutto della propria vita. Un’azienda, tra l’altro, di cui il suo social oggi è una piccola parte e che, come Meta, pensa che un universo visto da un visore sia il prossimo (terribile) futuro che ci aspetta.

In pratica 20 anni sono un’era geologica fa, se vediamo cosa sia diventata la piazza delle facce e quali altre sfide da affrontare abbia creato troppo in fretta. Oggi Facebook è passato attraverso molte esistenze, viene considerato uno strumento adatto solo dai Boomers, è una panacea per molte aziende, un’arma invisibile per chi si sottomette alla sua verità senza farsi domande. Il caso di Cambridge Analytics, ovvero di come le elezioni che portarono Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, anche con la complicità di una campagna piena di dati creati ad arte e diffusi attraverso profili inventati, è stato lo spartiacque dell’innocenza. Eppure, ancora oggi ci sono 2,3 miliardi di persone che quotidianamente accendono il computer e passano per la sua piazza virtuale, che nel frattempo si è ingrandita grazie all’ingordigia di chi ha assorbito a suon di miliardi di dollari ogni eventuale concorrente. L’acquisizione di Instagram (2014) e di WhatsApp (2014), ha solo spostato in là i rischi del mondo digitale coinvolgendo nuove generazioni, ma senza creare i giusti anticorpi.

Zuckerberg, d’altronde, ha raggiunto il suo scopo: è passato da ragazzo “sfigato” a padrone del mondo. E i risultati, negli affari, gli danno costantemente ragione. Nel mezzo non ha creato di suo quasi nulla, neanche Facebook è stata una sua idea, ma come capita spesso in tecnologia, ha saputo far diventare indispensabile quelle degli altri. Il risultato è che, nell’ultimo trimestre, ha segnato 14 miliardi di utili e distribuirà per la prima volta un dividendo di 50 cent per azione. In fondo la libertà, alla fine, ha sempre un prezzo.

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