22 Dicembre 2024
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Spettacolo, Sport

Il calcio scomparso

09.08.2024

Manca la messa laica di un’Italia felice. Il “90°minuto” nato nel settembre 1970 dall’intuizione giornalistica del partenopeo Maurizio Barendson non ci sarà più. L’appuntamento domenicale esce dal palinsesto per adeguarsi alle esigenze dei tempi che passano e carpire l’attenzione del nuovo pubblico ossessionato della logica del frammento.

La testa è tonda perché i pensieri possano mutare direzione”, direbbe Julian Barnes, uno dei più grandi autori britannici viventi, nativo di Leicester, e tifoso della squadra locale (i suppose). Ma davanti al fenomeno di longevità di una trasmissione dedicata al pallone (rotondo), record di longevità nella storia della televisione italiana, anche lui dovrebbe arrendersi alla stanzialità di una passione tramutatasi in fede calcistica e veicolata dalle immagini tv, perché “il pallone è rotondo, ma il rituale è inamovibile”. Definito come una sorta di “messa laica di un’Italia felice”, 90°minuto nato nel settembre 1970 dall’intuizione giornalistica del partenopeo (con ascendenze olandesi) Maurizio Barendson (voce e volto delle emozioni che si vivevano sul rettangolo verde), da Remo Pascucci e grazie a Paolo Valenti, presentatore garbato e attento nello sciorinare i risultati delle partite con aggiornamenti in tempo reale, diventò presto un ponte tra i momenti di gioco e le informazioni essenziali per gli appassionati.

Appuntamento imperdibile che ha attraversato decenni del calcio italiano, tenendo incollati davanti alla tv milioni di spettatori (con ascolti di 20 mln negli anni Sessanta), diventando specchio dei mutamenti sociali in rapida successione di un Paese voglioso di crescere, con la passione per il calcio a far da collante senza limiti geografici e di classe. Un format capace di rimodellarsi a partire dal 1981, allorquando la Lega Calcio vendette per la prima volta i diritti televisivi per 3 mld di lire alla Rai (con obbligo di trasmettere solo il secondo tempo di una partita dalle 19,00), per arrivare alla sequela immagini-corrispondente-commento finale delle varie sintesi lungo la sfilza dei goal, sulle note di Jazz Band suonate da Hengel Lualdi. E, da Valenti in poi, sul binario della professionalità occhiuta di Fabrizio Maffei (1990) – la perfezione stilistica di Bruno Pizzul “the voice: … è tutto molto bello!” – la romanità di “bisteccone” Gian Piero Galeazzi (1995-2000) – la procacità sportiveggiante di Paola Ferrari – l’occhio spaurito di Tonino Carino (corrispondente da Ascoli) – il saluto (a mulinare il braccio) di Luigi Necco da Napoli – la moviola di Carlo Longhi (2004) – e l’arrivo della filosofia applicata al calcio di opinionisti  doc come Tosatti, Ormezzano, Sconcerti, Teotino fino all’attuale teorico-tattico Lele Adani (ogni capello una sentenza), sospinta dalla vena ironica dei Mazzocchi, Rimedio, Lauro, Antinelli, Varriale , Paganini, un semplice programma tv si alimentava con i succhi gastrici del calcio giocato e parlato, per occupare uno spazio specifico nell’immaginario collettivo e trasformarsi in fenomeno di costume. Al pari del celebre Tutto il calcio minuto per minuto che appiccicava tutti alle radioline per seguire le partite, 90° minuto, affidandosi alla forza delle immagini generava attesa in un mondo (allora) al ralenti rispetto ai ritmi d’oggi, lasciando spazio all’immaginazione, prodromo del sottile brivido di vedere in tv il gesto atletico raccontato poco prima per radio o direttamente allo stadio.

Con il successo rampante del “calcio spezzatino”, lo sminuzzamento del calendario di Serie A, prono al diktat della logica commerciale che sull’onda delle pay tv ha imposto anticipi e posticipi, per carpire l’attenzione di un vasto pubblico compreso quello della Generazione Z ancorato alla logica del frammento, era inevitabile che anche un evento iconico si «adeguasse ai tempi» (Jacopo Volpi, direttore di RaiSport). Smembrato in tre appuntamenti: 90° Sabato, La Domenica Sportiva e 90° del Lunedì. L’offerta corre dietro a un pallone che rotola quasi senza soluzione di continuità.

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