04.06.2023
Il cartellino giallo a parroci e sacerdoti, serve essere prudenti, moderati e sobri
Napoli è una città dove il cuore può battere sia per la sacra fede che per la fede calcistica, entrambe bruciano con la stessa intensità. L’Arcidiocesi invia una comunicazione a parroci e sacerdoti affinché si controllino e non lascino che l’euforia calcistica si infiltri nelle celebrazioni eucaristiche.
Quando i confini tra sacro e profano cominciano a sfumarsi, diventa un po’ come giocare un derby tra cielo e terra. E questo è ciò che sta accadendo, con un’inaspettata collisione tra la religione e il calcio. In particolare, il recente trionfo del Napoli nel campionato ha scatenato un’ondata di entusiasmo popolare che ha sommerso ogni ambiente, compresi quelli sacri. È come se un coro di tifosi avesse invaso la solennità della chiesa, portando l’energia della curva fino all’altare. E i social media, quell’ubiqua tribuna digitale che moltiplica espressioni di gioia e partecipazione, hanno fatto il resto. Tuttavia, questa fusione di fede e fervore calcistico ha generato qualche mugugno tra i fedeli, con alcune lamentele e addirittura sospetti di blasfemia.
Ecco perché l’ufficio per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti dell’Arcidiocesi di Napoli, su richiesta dell’arcivescovo Mimmo Battaglia, ha deciso di intervenire. Un po’ come un arbitro che estrae un cartellino giallo, l’Arcidiocesi ha inviato una comunicazione a parroci e sacerdoti. Un monito affinché si controllino e non lascino che la loro euforia calcistica si infiltri nelle celebrazioni eucaristiche.
«L’atteggiamento inappropriato durante le celebrazioni suscita ilarità iniziale,ma poi lascia il posto a una riflessione sulla loro opportunità e liceità, e in alcuni casi, a un senso di sgomento e disorientamento», si legge nel comunicato dell’Arcidiocesi. In altre parole, è ok essere felici, e anzi è fondamentale condividere l’entusiasmo popolare e mantenere viva l’empatia nella diffusione del Vangelo. Ma senza dimenticare la sobrietà e il rispetto dovuto al luogo sacro.
A Napoli, una città che ha quasi divinizzato Diego Armando Maradona, trasformandolo in un’icona quasi alla pari di San Gennaro, questo può sembrare un compito arduo. Ma l’Arcidiocesi persiste nel suo richiamo all’ordine: «La celebrazione che deve esserci tra celebrazione liturgica e festa sportiva non vuole mortificare la felicità per il risultato raggiunto, ma educare alla vera gioia che viene solo dall’incontro con Cristo, unica speranza».Così, l’arcivescovo di Napoli, in quella che sembra essere una versione sacra di un discorso motivazionale pre-partita, esorta i suoi sacerdoti a essere «prudenti, moderati, sobri» durante le celebrazioni, evitando di introdurre segni, canti e simboli che potrebbero sviare dalla celebrazione del mistero pasquale di Cristo.
Sembra quasi banale dover ribadire queste distinzioni, come ricordare ai giocatori che non si può usare le mani nel calcio. Ma, a quanto pare, l’arcivescovo ha ritenuto necessario rammentare ai suoi sacerdoti, e non a un gruppo di tifosi eccitati, che c’è un tempo e un luogo per ogni cosa. L’altare è per il sacro, gli spalti dello stadio per il profano. E forse, solo forse, la vittoria del Napoli può essere celebrata senza trasformare la chiesa in uno stadio.